La ricetta

Si chiamano carciofi col tappo o anche “cacuocciuli cu’ tappu r’uovu” perché la base viene sigillata da una frittatina che ne custodisce il ripieno fatto di pangrattato, caciocavallo grattugiato, uva passolina, pinoli, aglio, pepe e prezzemolo. Ingredienti molto semplici che grazie anche all’utilizzo del sugo di pomodoro nel quale sono cotti, regalano a questo piatto della tradizione siciliana un gusto davvero unico.

Classica pietanza popolare, nella versione più moderna il ripieno viene arricchito con del prosciutto tagliato a dadini e del formaggio saporito a pezzetti. Una versione molto simile sono i carciofi ammuttunati che a differenza di questi vengo cotti senza l’utilizzo del pomodoro.

Essendo la Cucina di Tricchi Trocchi un blog di racconti e di ricette, prima di vedere come si preparano  i carciofi col tappo vorrei raccontarti una storia – in questo caso clicca sul tasto “continua a leggere” per saperne di più – se invece vuoi passare direttamente alla loro preparazione, scorri più in basso per andare alla lista degli ingredienti.

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Erano trascorsi trent’anni da quando era arrivata in Italia ma nonostante ciò non riusciva ancora a pronunciarli correttamente. Cracoccioli, cucoccioli, cucuccioli e persino cartoccioli erano solo alcuni esempi di come li chiamava lei, ma la parola “cacuocciuli” non riusciva proprio a dirla. Del resto se non la scandiva bene, Don Pietro, per farle un dispetto, non glieli metteva dentro al paniere. Per lui i carciofi erano una cosa seria!

Lei era Alma, la donna filippina che ogni tanto si occupava di nonna Teresa. Lui il fruttivendolo ambulante che più o meno tutti i giorni passava con il suo vecchio carretto contenente frutta e verdura di stagione trainato da un anziano cavallo bianco di nome Peppuccio.Andando in giro tutto il giorno succedeva spesso che il suo fedele amico si lasciasse andare a dei bisogni incontrollati riempendo così la strada di sterco il cui olezzo si propagava in tutta l’area circostante arrivando fin dentro casa di mia nonna.

Una volta arrivato in prossimità del pesantissimo portone in legno marrone lanciava un urlo per chiamare a raccolta le signore del circondario e dopo avere ascoltato le loro richieste squinternate le serviva. C’era chi la voleva cotta e chi la voleva cruda, chi gli chiedeva le primizie e chi si accontentava di quello che era rimasto. Alla fine ognuna “calava il panaro” che, una volta riempito, veniva tirato su grazie al grosso spago a cui era legato. Una volta ricevuta la merce il panaro si riempiva di soldi e faceva il percorso inverso tornando giù tra le mani di Don Pietro. Con Alma era però diverso, lui non lo riempiva con gli amati carciofi della nonna fino a quando lei non pronunciava correttamente il loro nome in siciliano.

La nonna e la zia vivevano in un’antica casa nel centro storico di Palermo, una Palermo dove il tempo sembrava si fosse fermato e in cui le dinamiche erano quelle di un antico film dell’epoca.

Nonna Teresa, la mamma di di mia madre, amava in generale tutte le ricette che prevedessero la presenza del carciofo, ma quella col tappo era indubbiamente la sua preferita. Si era convinta che Alma fosse lì in casa solo per cucinarglieli e così glieli chiedeva a tutte le ore. Mia nonna era “stolita”, come usava dire sempre mio padre, che per dirla con parole mediche significava che era affetta da demenza senile. Mischina (poveretta), dicevano le signore del palazzo, quando la incontravano. Noi bambini, non capendo la sua condizione, vivevamo il suo stato quasi come un gioco divertendoci con lei e alle volte alle spalle di lei.

Nonna Teresa, chiamata dai suoi nipoti nonnina per via della sua altezza, viveva in un mondo tutto suo in cui la fantasia si mischiava alla realtà. Per tale ragione, ad esempio, si truccava prima di sedersi davanti alla TV e sgridava la zia Rafaela qualora vestita, almeno a suo dire, in maniera non adeguata. A signorina chi po’ pinsari (cosa può pensare la signorina), le diceva con fare diretto” come se effettivamente presentatrici e presentatori potessero vedere cosa succedesse in casa. Essendo molto piccoli, noi nipoti le facevamo un mucchio di scherzi. Il mio preferito era sempre il solito, spacciarmi per Pippo Baudo.

Mia nonna aveva due telefoni in casa, neri e pesantissimi con il disco per comporre i numeri, per intenderci. Entrambi erano disposti rispettivamente agli estremi opposti di una casa grandissima, avendo avuto ben cinque figli. Con la complicità di mia sorella o di mio cugino veniva confezionato lo scherzo. Uno di loro simulava il trillo del telefono e dopo il consueto “pronto chi parla” ed essersi accertati di chi ci fosse altro capo del filo dicevano: nonna, è per te, c’è Pippo Baudo che ti vuole parlare. Alché le si illuminava il viso e modulando la voce che assumeva un tono elegante, sornione e quasi continentale diceva: Pronto!!! Ma che piacereeeeeeeeee!!! Ed era a quel punto che entravo in scena io.

Diciamo che quella di addolcire la voce nel momento in cui le “donne di casa” rispondevano al telefono era una costante probabilmente ereditata proprio da nonna Teresa. Tutte le volte che squillava il telefono, infatti, madre e figlie rispondevano con un “pronto” degno di una speaker radiofonica per poi aggiungere: ah, tu sì (ah, sei tu) dopo avere appurato che dall’altra parte del telefono c’era qualcuno di familiare, come ad esempio la loro sorella. Ma tornando a noi, dopo che nonna afferrava il telefono che portava all’orecchio io dicevo:

– Buongiorno signora, spero stia bene, sono felicissimo che tra mille nominativi presi per caso dall’elenco telefonico sia stata scelta proprio lei.
– Ma buongiorno, sono contentissima, non me lo aspettavo, io la seguo sempre in televisione.
– Bene, sono ancora più contento visto che abbiamo chiamato qualcuno che il premio se lo guadagnerà certamente. Per poterlo avere deve però superare una prova.
– Una prova? Che prova?
– Deve fare uno spogliarello!!!

Non conoscevamo il motivo ma tutto ciò che riguardasse la nudità o pseudo tale suscitava in nonna un moto di ira, tanto che anche le ballerine con la coscia scoperta erano per lei fonte di scandalo additate come delle gran baldraccone, per dirla con un eufemismo! Durante la sua vita non aveva mai detto una parolaccia ma adesso, in tarda età, si lasciava spesso andare ad epiteti davvero espliciti, e forse anche troppo. Era proprio quella una delle occasioni in cui volavano mille parolacce che, in quello specifico contesto, erano rivolte a Pippo Baudo, a ciò che le aveva chiesto ed anche al suo premio. Stu gran curnutu, aggiungeva poi… Noi ridevamo a crepapelle mentre la povera nonna ne diceva di tutti i colori. Eravamo molto piccoli, io avevo circa dieci anni, mia sorella e mio cugino qualcuno in più.

Tornati tutti e tre in sala da pranzo la trovavamo accigliata e arrabbiata e non appena le chiedevamo il motivo del suo malessere ci raccontava che l’aveva chiamata Pippo Baudo il quale le aveva fatto una richiesta che non poteva raccontarci. La stessa versione, o quasi, visto che nel frattempo parte dei fatti li aveva già dimenticati, la narrava ai nostri genitori una volta rientrati a casa.

L’unica persona che riusciva a farle dimenticare tutto era proprio lei, Alma, che non appena pronunciava la parola a lei tanto cara, le faceva tornare il sorriso. E così Alma andava in cucina, prelevava dal frigorifero un bel mazzo di carciofi freschi ancora legati tra loro ed iniziava la preparazione di quel piatto che, benché non facente parte della propria tradizione, era diventato qualcosa che apparteneva alla sua nuova vita. E così la guardavo e non appena ricambiava il mio sguardo le chiedevo come si chiamasse quell’ortaggio. Lei sorrideva con fare compassionevole mi diceva: giuro che prima o poi lo imparo!!!

La sera una volta a tavola, alla vista di quel piatto, la nonna era felice e noi bambini, guardandola con tenerezza ed ignari del miracolo di averla ancora con noi, sorridevamo per quella allegra famiglia un po’ strampalata.

Difficoltà

Facile

Dosi Per

6 Carciofi

Preparazione

Un’ora

Cottura

30 Minuti

Lista ingredienti dei carciofi col tappo

6 carciofi

12 cucchiai di pangrattato

6 cucchiai di caciocavallo grattugiato

40 gr. di uvetta passolina

40 gr. di pinoli

3 spicchi d’aglio

Prezzemolo q.b.

3 uova

Salsa di pomodoro q.b.

Una cipolla

Sale q.b.

Pepe q.b.

Zucchero q.b.

Procedimento

1

Per prima cosa stacchiamo le foglie più dure dei carciofi, rifiliamo i lati con un coltello, tagliamolo orizzontalmente eliminando le spine, ripuliamo il gambo togliendo la parte esterna più dura e poi, con un coltello appuntito, scaviamo la peluria interna del carciofo. Volendo, come da piatto tradizionale, potremo cuocere i gambi insieme ai carciofi oppure, come ho fatto io, lasciarli lunghi circa 10 cm. Una volta puliti riponiamoli in acqua e limone per non farli annerire.

2

In una pirofila versiamo il pangrattato, il caciocavallo grattugiato, il prezzemolo tritato, l’uva passolina, i pinoli, l’aglio a pezzettini, il sale, il pepe e l’olio fino ad ottenere un impasto sabbioso. Sbattiamo le uova dentro ad un piatto e mettiamole da parte.

3

Prendiamo un carciofo alla volta, eliminiamo l’acqua, sbattiamolo su di un piano per agevolare l’apertura delle foglie e riempiamolo con il ripieno cercando di spingere bene. Durante l’operazione di farcitura facciamo scivolare qualche cucchiaiata di uovo sbattuto. Una volta riempito facciamo pressione con il palmo della mano in modo che il ripieno si compatti.

4

Sempre con l’aiuto di un cucchiaio versiamo dell’uovo alla base del carciofo insistendo sui lati e con un movimento repentino capovolgiamolo dentro ad una padella su cui avremo riscaldato dell’olio. In questo modo si creerà un tappo di frittata che sigillerà il ripieno non facendolo fuoriuscire. Cuociamo fino a quando la base di frittata non diventerà dorata.

5

Dopo avere sbucciato e tagliato la cipolla a cubetti facciamo un soffritto, aggiungiamo la salsa di pomodoro, aggiustiamo di sale e di zucchero e versiamo i carciofi che dovranno cuocere per circa 30 minuti e comunque fino a quando infilzando una stuzzicadenti non risulteranno morbidi. Qualora avessimo optato per tagliare i gambi, cuociamo i carciofi con la base rivolta verso l’alto. Serviamo i nostri carciofi con il tappo tiepidi accompagnandoli con la salsa di pomodoro.

Utile da sapere!

Per tanto gusto in più possiamo aggiungere al condimento del prosciutto a cubetti o tagliato piccolissimo e del formaggio a cubetti. In questo caso diminuiamo il quantitativo di pangrattato e di caciovallo grattugiato.

 

Qualora non usassimo una salsa casalinga, optiamo per una da supermercato ma aggiungiamo anche del concentrato di pomodoro e dell’acqua per renderla più liquida. Le salse abitualmente in commercio, infatti, sono troppo dense e rischierebbero di diventare eccessivamente cremose considerando i tempi di cottura del carciofo.

 

La salsa avanzata la potremo usare per condire la pasta.


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