La ricetta
Per me non ci sono dubbi, se si vuole mangiare del buon pane di semola rimacinata siciliano occorre andare al sud. Se ad esempio doveste imbattervi in una delle tante panetterie dislocate nell’isola, trovereste pane profumato a tutte le ore del giorno, appena sfornato e soprattutto ancora caldo. Già, perché da queste parti è un rito mangiarlo bollente e non è inusuale uscire dal panificio col pacchetto ancora fumante tra le mani ed appannare i vetri dell’auto durante il tragitto verso casa. La quantità di forme, colori e farine non deporranno certamente in favore di una decisione celere. Una volta acquistato sarà poi impossibile sottrarsi alla tentazione di mangiarlo subito e una volta varcata la soglia di casa sarà dimezzato con le conseguenti lamentele degli altri commensali. Del resto come resistere alla tentazione di assaporare un buon pane fragrante, croccante e profumato? Sarebbe un vero peccato non approfittarne subito…
Per me non ci sono dubbi, se si vuole mangiare del buon pane di semola rimacinata siciliano occorre andare al sud. Se ad esempio doveste imbattervi in una delle tante panetterie dislocate nell’isola, trovereste pane profumato a tutte le ore del giorno, appena sfornato e soprattutto ancora caldo. Già, perché da queste parti è un rito mangiarlo bollente e non è inusuale uscire dal panificio col pacchetto ancora fumante tra le mani ed appannare i vetri dell’auto durante il tragitto verso casa. La quantità di forme, colori e farine non deporranno certamente in favore di una decisione celere. Una volta acquistato sarà poi impossibile sottrarsi alla tentazione di mangiarlo subito e una volta varcata la soglia di casa sarà dimezzato con le conseguenti lamentele degli altri commensali. Del resto come resistere alla tentazione di assaporare un buon pane fragrante, croccante e profumato? Sarebbe un vero peccato non approfittarne subito…
Quando ero bambino e la domenica le panetterie erano chiuse, l’alternativa al mangiare del pane raffermo era rivolgersi agli innumerevoli venditori ambulanti dislocati per le vie di Palermo. La loro caratteristica molto folcloristica era quella di piazzare le proprie macchine in zone strategiche della città che fossero facilmente raggiungibili e lasciare aperti i cofani su cui disporre delle assi in legno a cavallo tra le due estremità per esporvi il buon pane della vicina Monreale. Siccome mio papà si rifiutava di comprarlo perché diceva che era pieno di pruvulazzo (polvere), lo andavamo a comprare direttamente nel suo luogo di produzione al contrario della maggior parte degli altri cittadini.
Il comune di Monreale si trova a poco meno di dieci chilometri dalla città di Palermo, sorge in una sorta di continuità urbanistica con il capoluogo siciliano ed è posto in posizione sopraelevata rispetto alla vicina città. Attraverso il suo Belvedere è possibile dominare la pianura detta conca d’oro per via dei colori degli agrumi che arricchiscono i numerosi piatti della tradizione locale. Monreale è una delle mete più battute dai turisti che ogni anno visitano l’isola e la scelgono per la presenza della bella cattedrale considerata uno dei luoghi di interesse storico-culturale di rilievo mondiale. E’ inserita nella lista dei siti patrimonio mondiale dell’umanità Unesco nonché considerata una delle più importanti chiese medioevali al mondo. La leggenda narra che Guglielmo I, re normanno di Sicilia, dopo una battuta di caccia si addormentò sotto un carrubo ed in sogno gli apparve la Madonna che gli indicò il luogo dove era nascosto il tesoro con cui avrebbe dovuto costruire la sua chiesa chiamata per l’appunto Santa Maria Nuova.
Ritornando al nostro buon pane ricordo che quasi tutte le domeniche insieme a mio padre attraversavamo Palermo fino ad imboccare la salita circolare alle porte di Monreale, ci lasciavamo alle nostre spalle la grande fontana che si eleva alla destra di quel passaggio e con fare spedito ci dirigevamo verso il centro del paese. La prima tappa era parcheggiare la macchina nel primo anfratto disponibile a circa cinquecento metri dall’ingresso del paese, prelevare i bidoni caricati nell’intercapedine tra il sedile posteriore e quello anteriore e riempirli con acqua cristallina che sgorgava dalla fonte a pochi metri dall’ingresso. Ci addentravamo in quel sentiero ricco di vegetazione e, una volta giunti ai piedi della sorgente, con mio grande stupore venivo attratto da zampillanti giochi d’acqua che nel loro avvicendarsi disegnavano delle evoluzioni che facevano galoppare la mia fantasia. Chissà dove nasce, mi domandavo e quanta strada ha dovuto percorrere prima di arrivare fino noi! E felice per quella emozionante vista lavavo le mani, le giungevo come fossero una scodella e ne bevevo un po’ prima di aiutare mio padre. Però era talmente tanto fredda che le mani mi si gelavano all’istante e dunque mio padre doveva arrangiarsi da solo.
Dopo avere caricato i bidoni nella medesima posizione di partenza ci dirigevamo verso il negozio del panettiere per farci impacchettare due filoni di grano duro, quelli cotti nel forno a legna, fatti con lievito madre, con una crosta scura e croccante, la mollica gialla alta e soffice ma soprattutto capaci di mantenersi freschi anche dopo giorni dal loro acquisto. E’ un pane che ha ricevuto la certificazione PAT del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali quale Prodotto Agroalimentare Tradizionale della regione Sicilia. Ma oltre al pane compravamo anche i biscotti ad esse, che poi erano i miei preferiti, chiamati così per via della loro forma, inventati dalle monache benedettine del monastero di S. Castrense nel 1500 divenuti famosi grazie ad una citazione nel Gattopardo in cui il principe di Salina li consumava insieme al caffè durante le sue signorili colazioni.
Una volta giunti a casa la prima cosa che mio padre faceva era collocare sul tavolo le bottiglie in vetro con il tappo a chiusura meccanica e riempirle a turno con l’aiuto dell’imbuto. Alcune di queste venivano utilizzate per preparare l’acqua frizzante con l’aggiunta dell’idrolitina, altre venivano conservate nel ripostiglio per essere consumate nel corso della settimana.
Ed giunti ormai alla fine di questo racconto, in attesa di sperimentare la ricetta del pane di Monreale, ecco quella del più comune pane di semola di grano che mi ha regalato il mio amico panettiere.
Difficoltà
Media
Dosi Per
10 Persone
Preparazione
4 Ore e mezza
Cottura
30 minuti circa
Lista ingredienti
1 Kg di semola di grano duro rimacinata
650 grammi di acqua minerale naturale
10 gr. di lievito di birra fresco
22 gr. di sale
10 gr. di miele liquido (facoltativo)
sesamo q.b.
Procedimento
1
Per prima cosa montiano il gancio ad uncino alla nostra planetaria e nel cestello versiamo la semola di grano duro, aggiungiamo l’acqua a filo a temperatura ambiente in cui avremo sciolto il lievito ed iniziamo ad impastare. Quando gli ingredienti saranno ben amalgamati aggiungiamo il miele e una volta inglobato mettiamo anche il sale. Continuiamo a lavorarlo fino a quando l’impasto sarà ben incordato, liscio e si staccherà dalle pareti. Nel mio caso, avendo usato una farina con 14 gr. di proteine ho messo 650 gr. di acqua. L’impasto dovrà risultare non troppo morbido per cui dosiamo la quantità di acqua in base al tipo di farina utilizzata. Potremo ad esempio sciogliere il lievito in 600 gr. di acqua ed il resto dell’acqua aggiungerla in base a quanto ne assorbirà la farina.
2
Spargiamo della farina sul piano di lavoro e facciamo delle pieghe al nostro impasto per circa tre volte (prendiamo un lembo e lo riponiamo verso il centro e poi l’atro sempre riponendolo verso il centro). Infine facciamo la pirlatura che consiste nel prendere la pasta con entrambe le mani e con movimenti rotatori la si fa girare sul piano di lavoro. Poniamola dentro ad un capiente contenitore, sigilliamolo con della pellicola trasparente, copriamo con una copertina se siamo in inverno e facciamo lievitare il nostro impasto tre ore.
3
Trascorso il tempo della lievitazione adagiamo la pasta su un piano di lavoro e ricaviamone delle pezzature da 250 gr. per i filoni, 130 gr. per i panini e 65 gr. per i bocconcini. Adesso mettiamo la pasta tra il pollice e l’indice e con dei movimenti rotatori formiamo delle palline. Stendiamo la pasta con un mattarello e successivamente arrotoliamola su sé stessa. Nel caso dei filoni e dei panini dovremo arrotolarla dal lato più lungo e nel caso dei bocconcini da quello più corto. Qualora la pasta facesse difficoltà a staccarsi dal piano di lavoro aiutiamoci con una spatolina. Una volta arrotolata chiudiamola a giunzione pizzicandola in modo da saldarla per bene e successivamente rolliamola con le mani come se stessimo usando un mattarello. Disponiamo il pane ben distanziato su una leccarda dopo avere adagiato della carta forno. La parte saldata dovrà essere rivolta verso il basso. Nel caso dei filoni dovremo semplicemente dare alla pasta una forma allungata cercando di assottigliare maggiormente le punte, nel caso del panino creeremo un cordoncino a cui daremo la forma ad esse oppure a mafalda o scaletta e nel caso dei bocconcini dovremo creare una forma allungata ma un po’ panciuta. Spruzziamo dell’acqua sulla superficie del pane e successivamente mettiamo abbondante sesamo. Copriamo le leccarde con degli strofinacci e facciamo lievitare per un’ora.
4
Dopo mezz’ora dalla lievitazione accendiamo il forno statico a 250° gradi e disponiamo sul fondo una pirofila con dell’acqua. Dopo un’ulteriore mezz’ora e prima di infornare il pane facciamo dei tagli profondi ai nostri filoni con una lametta e con delle forbici creiamo le nostre spighe facendo dei tagli in diagonale. Una volta raggiunta la temperatura abbassiamo il forno a 230° ed inforniamo i nostri filoni e le nostre spighe nella parte centrale del forno. Trascorsi 15 minuti apriamo il forno, togliamo la pirofila e abbassiamo la temperatura a 210° continuando la cottura per altri 10 minuti. Trascorso questo tempo abbassiamolo ulteriormente a 180°, mettiamo della stagnola appallottolata sullo sportello in modo che rimanga leggermente aperto e continuiamo la cottura fino a quando il pane non avrà acquisito un bel colore dorato (se necessario accendiamo il grill per pochi minuti). La cottura fatta in questo modo si chiama a spiffero e servirà per fare formare una crosta ben croccante. Appena il nostro pane di semola rimacinata siciliano sarà cotto mettiamolo in piedi appoggiandolo alle piastrelle della cucina in modo da fare scendere il vapore e mantenerlo croccante. Nel frattempo riportiamo la temperatura a 230° ed inforniamo anche i panini e i bocconcini che dovranno cuocere sempre nella parte centrale del forno per circa 20° trascorsi i quali la abbasseremo a 180° fino a completa doratura. Per realizzare questo tipo di pane di semola rimacinata siciliano morbido non useremo né l’accorgimento dell’acqua sul fondo del forno, né la cottura a spiffero. Non appena sarà cotto lo adageremo su una gratella in modo che il vapore si espanda uniformemente su tutto il pane contribuendo a mantenerlo morbido.
Utile da sapere!
Se usiamo una teglia per baguette, una volta riposta in forno, la dovremo adagiare sopra la griglia da forno e non sulla leccarda per permettere al pane di cuocersi meglio. Il miele è facoltativo, lo si utilizza per rendere più scura la crosta. Il nostro pane di semola rimacinata siciliano si conserva per qualche giorno dentro dei sacchetti per alimenti ben chiusi e sarà possibile surgelarlo.
Ottima ricetta, ho fatto un pane davvero delizioso! Grazie!
Ne sono felicissimo! Grazie per il tuo commento
Ciao non sono pratico del
Mestiere ma se c’è qualche video di come crea i fiori sarebbe più facile Grazie
Ciao, è molto semplice! Devi prima fare un salsicciotto e poi arrotolare le due estremità procedendo in senso opposto l’uno dall’altro. Quindi dovrai arrotolarne una verso destra e l’altra verso sinistra. Otterrai quindi una sorta di esse.
Bellissimi i tuoi pani e bellissimo pure il tuo blog, complimenti davvero! ogni ricetta e ogni storia è piena di sentimento. Quando ho letto il nome del blog mi sono venuti in mente i “fuochi d’artificio”, perciò mi sono incuriosita di sapere perché l’hai chiamato così. Allora, quando hai raccontato che tuo papà ti chiamava scherzosamente “tricchi trocchi” , ho subito pensato, allora era un “bambino esplosivo” (nel bel senso della parola, mai in senso negativo), allegro, inquieto, divertente. Perché ciò pensato? perché i “trikitraki” (detto in spagnolo) erano dei piccoli esplosivi che usavano i ragazzini a Natale e Capodanno, facevano troppo rumore e impaurivano alla gente, era un divertimento dei ragazzini, ma rumoroso, esplosivo … quello potrebbe essere l’origine del nomignolo, forse rallegravi la sua vita ogni secondo con i tuoi giochi, col tuo agire, con la tua presenza solare. Un caro saluto dal Venezuela.
Carissima, grazie per avere lasciato un tuo messaggio e grazie anche per avere letto l’introduzione al blog. Spesso quando si entra in un sito lo si guarda frettolosamente, si legge ciò che interessa e poi si va via. Tu invece hai voluto approfondire e questo mi fa tanto piacere, perché il nome che ho scelto riporta alle origini della mia infanzia in cui iniziavo ad incuriosirmi per il cibo e la sua preparazione. La tua spiegazione del nome potrebbe essere valida, ma non so se sia la motivazione che ha spinto mio padre a sceglierlo. Ad ogni modo grazie perché sei riuscita a strapparmi un sorriso!
Buongiorno mi sai dire in forno a legna quanto tempo deve rimanere il pane? Perché a volte esternamente sembra cotto invece aprendo è crudo
Buonasera Giovanna, la ricetta l’ho testata per i forni domestici. Tuttavia nel forno a legna la temperatura in teoria si dovrebbe aggirare intorno ai 220° ma le consiglio le prime volte di controllare.
Io ho un forno a legna,di quelli di ferro,non è facile gestire le temperature,posso fare una media? Tipo li informo quando arriva a 200°,e lascio cuocere finché e cotto.
Ciao Vincenza, non avendo un forno a legna non saprei darti un consiglio. Io stesso nello scrivere la ricetta ho fatto delle prove perché le temperature con cui il panettiere cuoce il suo pane sono differenti rispetto a quelle che si raggiungono con i forni casalinghi. Il mio consiglio è quello di preparare metà dose e poi fare delle prove. Grazie per avere lasciato il tuo commento e per seguire il blog. Patrizio
Ciao, allora.. teoricamente il forno a legna può arrivare anche a 500 gradi, dovresti mantenerti max 250gradi C, per questo hai il pane cotto fuori e dentro crudo, hai il forno a temperatura troppo alta, probabilmente a quella temperatura ci cuoci una buona pizza napoletana in qualche minuto o meno.. 🙂
Buongiorno io ho il forno ventilato posso usarlo così con le stesse
Procedimento grazieeee
Buongiorno a lei! I due tipi di cottura hanno caratteristiche e risultati differenti. Il forno ventilato è solitamente sconsigliato per i lievitati anche se nella mia esperienza alcuni tipi particolari di pane li cuocio così. Nel suo caso, visto che non ha alternative, va bene il ventilato ma consideri che la differenza tra i due tipi di cottura è di circa 20 gradi. Es. 180 gradi dello statico equivalgono a 200 del ventilato quindi deve adeguare la cottura seguendo questi parametri.
Non comprendo come puoi ricavare tutti guesti panetti con solo 1kilo di rimacinata guanto grammi l’uno sono I tuoi flouncing? e poi tutti gli altri piccoli?
Ciao Rosina, puoi trovare tutto nella ricetta. Io ho fatto dei filoni da 250 gr., dei panini da 130 gr. e dei bocconcini da 65 gr. Naturalmente ho pesato la pasta dopo la prima lievitazione. Il pane che ho fatto è quelli che vedi nelle foto 😊