

La ricetta in un racconto
C’è chi la chiama brioche appellandola alla francese, chi brioscia utilizzando una terminologia siciliana e chi ancora broscia, così come viene rigorosamente definita in dialetto. Tutti nomi simili, altrettanto corretti, che identificano un panino rotondo, morbido, profumato che in Sicilia accompagna il gelato ed anche la granita. Ognuno utilizzi dunque il nome che più gli aggrada, consapevoli però che su una cosa siamo tutti d’accordo, chiamiamola come vogliamo, ma l’importante è che abbia il tuppo.
C’è chi la chiama brioche appellandola alla francese, chi brioscia utilizzando una terminologia siciliana e chi ancora broscia, così come viene rigorosamente definita in dialetto. Tutti nomi simili, altrettanto corretti, che identificano un panino rotondo, morbido, profumato che in Sicilia accompagna il gelato ed anche la granita. Ognuno utilizzi dunque il nome che più gli aggrada, consapevoli però che su una cosa siamo tutti d’accordo, chiamiamola come vogliamo, ma l’importante è che abbia il tuppo.
Fonti storiche ci informano che le sue origini risalgono all’epoca in cui la nobiltà siciliana aveva al proprio servizio uno stuolo di cuochi con il preciso compito di sperimentare ricette per soddisfare le richieste dei propri signori. Pare che durante uno di questi momenti creativi il cuoco di una non precisata famiglia messinese inventò un panino morbido e di forma rotonda come alternativa al pane su cui spalmare la marmellata. Con il passare del tempo la sua fama fu preceduta dalla sua bontà diventando ben presto il giusto companatico per accompagnare gelati e granite.
La brioche col tuppo è una variante della brioche francese dalla quale si differenzia, però, per via dell’alveolatura, della consistenza della pasta e per l’utilizzo dello strutto al posto del burro. Lo strutto, infatti, risulta essere più facilmente reperibile, meno costoso e soprattutto in grado di permettere una più lunga conservazione nel tempo. Tuttavia, nonostante lo strutto abbia un sapore più neutro rispetto a quello del suo antagonista, molti bar e panifici al giorno d’oggi la preparano utilizzando il burro che risulta meno grasso e più leggero del primo. Sembra, nolte, che la brioche siciliana non discenda da quella francese ma piuttosto il contrario. Dalla Francia, però, pare che abbiamo ereditato l’etimologia del nome suo cappello che in francese si chiama “toupet” e che tradotto in siciliano diventa tuppo. Il tuppo, è così chiamato poiché ricorda lo chignon che le donne si facevano in testa con lo scopo di raccogliere i loro lunghi capelli. L’usanza di accostare la brioscia col tuppo al gelato oppure alla granita siciliana è però qualcosa di abbastanza recente visto che fino al secolo scorso questo rituale veniva consumato utilizzando solamente del semplice pane.
In Sicilia è abbastanza usuale fare colazione con brioche e granita oppure con brioche e gelato da consumarsi anche in sostituzione dei pasti principali. Non è infrequente, soprattutto in estate, che si decida di mangiare a pranzo, oppure a cena, una bella “brioscia col tuppo” accompagnata da tanto gelato e tanta panna montata, in Sicilia chiamata semplicemente panna. Mentre il barista vi chiederà di scegliere i gusti a voi più graditi (tranquilli, da queste parti il gelato non si vende a palline ed il suo prezzo non cambierà) con sapiente maestria agguanterà una delle tante brioche in bella mostra poste vicino al banco su cui svolge la propria attività e, con fare abile ed esperto, dopo avere impugnato un coltello ben affilato con la mano destra, la taglierà in orizzontale come se stesse aprendo un panino. Il segreto sarà quello di fare rimanere uniti i due lembi in modo che diventino una culla per custodire al suo interno tanto cremoso gelato. Concluderà la sua opera d’arte con della panna montata, molto dolce ed al contempo molto ferma, se gradita al cliente. Solo a quel punto si invertiranno i ruoli ed il protagonista diventerà il goloso consumatore il quale, prima compirà l’azione di staccare il tuppo, poi lo tufferà dentro al gelato oppure alla panna montata, ed infine, dopo avere aperto le sue grandi fauci, lo mangerà con tanta avidità. Stesso destino nel caso decida di consumare una granita, che però in quel caso servirà solo da accompagnamento alla nostra brioche.
Da bambino il gelato lo adoravo, da adulto di più. Mio padre sapeva sempre come tenermi buono e soprattutto come farmi rigare dritto senza che io battessi ciglio. Bastava, infatti, che mi promettesse una brioche con gelato al cioccolato, alla nocciola e tanta soffice panna montata. Andava bene anche solo la panna, l’importante che ci fosse la brioche. Lui sapeva prendermi per il verso giusto perché conosceva bene la mia golosità, che poi era anche la sua. Non era un tipo molto espansivo, ma riusciva a compensare con i gesti le premure che il suo carattere decisamente schivo non gli permetteva di esprimere a parole. Una sera d’inverno di tanti anni fa, una di quelle sere rigide in cui ti verrebbe voglia di rintanarti in casa, avvolgerti in una calda coperta e cadere in letargo per risvegliarti con l’avvento della bella stagione, inaspettatamente non fu puntuale nel rincasare per la cena, come invece era sua consuetudine fare. Mia madre, sempre preoccupata per ogni cosa, faceva avanti e indietro lungo il corridoio di casa, come se ogni suo passo servisse ad accorciare la distanza che la separava da lui. Io, essendo figlio di mia madre, iniziai a pensare le peggior cose, compreso che una banda di malavitosi lo avesse fatto fuori. Perché giusto questa convinzione? Boh, probabilmente perché così si confaceva nei migliori film di guerra e di spionaggio, compresi i film western che lui adorava e che spesso guardava dopo cena costringendo tutta la famiglia a vederli insieme a lui. Del resto c’era una sola televisione e non si poteva accontentare tutti. Molti di quei film li ho ancora in VHS e fanno parte della mia collezione vintage insieme alle audiocassette, ai walkman, ai dischi ed a molto altro ancora. Eh, sì, ho una mania smisurata per il collezionismo anni 80, ma non vorrei distrarvi con questi discorsi effimeri… Ad un certo punto un rumore di chiavi dentro la serratura della porta d’ingresso ruppe il silenzio, poi due mandate decise e sorde e finalmente il suo testone fece capolino dalla porta della cucina. In mano aveva un vassoio con quattro brioche con gelato, una per ogni componente della famiglia, e nell’altra una bottiglia di spumante. Si premurò allora di inserire, una per volta, le brioche dentro al piccolo freezer posto in cima al frigorifero a cui si accedeva aprendo il pesante portellone laterale. Il freezer era talmente piccolo che dovette tirare fuori il resto dei surgelati per fargliele contenere. Mia madre non mancò di dimostrargli il suo disappunto per quel ritardo ingiustificato che l’aveva fatta preoccupare parecchio. Del resto non esistevano ancora i cellulari e la reperibilità sarebbe stata prerogativa di un futuro ancora lontano da arrivare. Lui senza scomporsi replicò solamente con queste parole: è u compleanno ru picciriddu, c’avia promesso a broscia cu gelato ma nto bar c’era fudda e fici tardu (è il compleanno del bambino, gli avevo promesso la brioche con il gelato ma dentro il bar c’era tanta gente e quindi ho fatto tardi). Lo guardai nei suoi occhi azzurri come il cielo, lui incrociò i miei, ed ebbi ancora una volta la chiara percezione che anche se non mi abbracciava spesso e non era capace di effondere i propri sentimenti, i suoi gesti erano ugualmente in grado di arrivare al mio cuore. Da adulto le cose non cambiarono molto ed anzi la mia golosità cresceva insieme ad ogni mio singolo centimetro. E se considerate che sono abbastanza alto, potete immaginare a quanto ammonti la mia ghiottoneria. Come ho già avuto modo di dire in un altro racconto del blog, spesso succedeva che comprassi delle vaschette da mezzo chilo di gelato, soprattutto alla cassata, mio gusto preferito, e che mi chiudessi nella cameretta per spazzolarne tutto il suo contenuto. Poi, per sottrarre la refurtiva agli occhi vigili di mia madre, la nascondevo sotto al letto ripromettendomi, di lì a poco, di buttarla dentro al cassonetto della spazzatura una volta uscito fuori. Lei, però, era sempre più celere delle mie azioni e così immancabilmente, a seguito delle sue faccende quotidiane oserei dire quasi maniacali, trovava immancabilmente la refurtiva cazziandomi immancabilmente a dovere. Nonostante tutto io continuavo a perpetrare quella malsana (non certo ai miei occhi) abitudine J
E devo dire che questa abitudine di mangiare tanto gelato non mi è ancora passata ed anzi è addirittura raddoppiata da quando ho deciso di autoprodurre le brioche col tuppo. Solamente questo mese ne avrò fatte circa un’ottantina. Sì, perché dovete sapere che spesso capita che quando preparo qualcosa, non so come, ma si sparge la voce tra gli amici. E nel caso delle brioche è proprio quello che è successo.
– Domani sera veniamo a trovarti e portiamo il gelato, mi dice un’amica. Tu ci fai trovare le briosce col tuppo?
– Va bene, rispondo io, mi organizzo e le faccio…
Dopo due giorni mi chiama un’altra amica e mi dice:
– Ho saputo che hai fatto le briosce a Chiara e suo marito. A noi non le prepari? L’ultima volta che le abbiamo mangiate è stato quando siamo andati in Sicilia… saranno passati circa cinque anni e mi farebbe piacere poterle riassaporare.
– Ok, rispondo io, compro l’occorrente e le faccio.
– Bene, e noi portiamo il gelato, risponde lei.
Due sabati fa mi chiama il mio amico Luca e mi fa:
– la prossima settimana è il mio compleanno, pensavo di organizzare una cena in piedi in giardino con un po’ di gente… Tu non è che faresti le briosce così le mangiamo con il gelato???
Ma io dico, a parte ca cu tutti sti calorie ca mi facistivu manciari manco la dieta last minute ci può più, e poi aggiungo, ma unn’aviti chiffari? Ma vi vuliti stari a casa? Che poi devo pure giustificarmi con gli estranei. Già, perché l’ultima volta che sono andato al supermercato sotto casa la cassiera, dopo avere depositato per l’ennesima volta gli stessi ingredienti sul rullo della cassa, ha iniziato a guardare un po’ me e un po’ la spesa, poi di nuovo me e poi la spesa e ad un certo punto mi dice: certo, lo so che dovrei farmi i fatti miei, ma mi dici cosa ne fai con tutta sta farina e lievito? E’ la terza volta che li compri ed il periodo del lockdown è finito! A quel punto sono io che prima guardo la spesa e poi lei, nell’intento di prendere del tempo per non sbottarle in faccia dicendole: ma un paio di cabbasisi tuoi no, vero??? Insomma, forse si è capito che negli ultimi tempi sono stato impegnato a sfornare brioscie, dette anche brioche, oppure brosce, ma tutte rigorosamente col tuppo.
Difficoltà
Media
Dosi Per
10 persone
Preparazione
Cottura
Lista ingredienti per le brioche
500 gr farina 0 con 13/14 gr di proteine
20 gr di lievito di birra fresco
100 gr zucchero
100 gr di strutto oppure 90 gr. di burro
170 gr. di latte intero
2 uova medie
1 cucchiaino di sale
Una bustina di vanillina
Un limone biologico
Un’arancia biologica
Lista ingredienti per lucidare
2 tuorli
2 abbondanti cucchiai di latte
Procedimento
1
Nel cestello di una planetaria inseriamo 20 ml di latte preso dal totale della ricetta, il lievito sbriciolato e mescoliamo per bene in modo che si sciolga completamente. Aggiungiamo le uova precedentemente sbattute, lo zucchero, la bacca di vaniglia (oppure vanillina), la buccia grattugiata di un limone e di un’arancia (in alternativa un po’ di essenza) e continuiamo ad amalgamare gli ingredienti fino a quando lo zucchero non si sarà sciolto. Versiamo tutta la farina, inseriamo il boccale nella planetaria ed iniziamo ad impastare a velocità medio bassa montando il gancio a uncino. Non appena gli ingredienti saranno ben amalgamati (se necessario con l’aiuto di un cucchiaio di legno riportiamo tutto l’impasto al centro), inseriamo il restante latte in circa 8-10 volte (inseriamo il successivo non appena il precedente sarà stato assorbito). Infine versiamo il sale. Impastiamo fino a quando non inizierà ad incordarsi, ovvero parte dell’impasto risalirà sul gancio e la restante parte si staccherà dalle pareti del boccale.


2
A questo punto aggiungiamo lo strutto morbido a piccoli pezzetti, oppure il burro a pomata, avendo cura di farlo assorbire prima di inserire il successivo. Continuiamo ad impastare per circa 10’/15’ e comunque fino a quando l’impasto non sarà ben incordato, morbido, liscio e al contempo non appiccicoso.


3
Mettiamo l’impasto su un piano da lavoro con un po’ di farina, facciamo tre pieghe, sbattiamo un po’ la pasta sul tavolo con forza e poi facciamo la pirlatura che consiste nel rotearla tra le mani per qualche secondo. Queste operazioni favoriranno il processo di lievitazione dando forza al nostro impasto. Adesso inseriamolo dentro ad un contenitore precedentemente infarinato, copriamo con della pellicola trasparente (in inverno mettiamo sopra anche una copertina) e facciamo lievitare per circa tre ore in estate e 4 in inverno. Durante questo tempo l’impasto dovrà triplicare di volume.


4
Dividiamo l’impasto in pezzature da 90 gr. circa per la base e da 15 gr. per il tuppo e con entrambi gli impasti creiamo delle palline riportando prima più volte i lembi esterni dall’esterno verso l’interno e poi, dopo avere capovolto l’impasto, facendolo roteare tra il pollice e l’indice con movimenti circolari.




5
Lasciamo riposare per 15’ e successivamente inseriamo la pallina più piccola, a cui nel frattempo avremo dato una forma a goccia sfregandola tra i palmi delle mani, all’interno della pallina più grande a cui avremo praticato un forno al centro con la punta di uno oppure due dita. Con il palmo della mano schiacciare leggermente il tuppo.


6
Una volta disposte in una teglia con della carta forno e ben distanziate copriamo con uno strofinaccio leggero e facciamo lievitare fino al raddoppio (da un’ora a due in base alla temperatura che avremo in casa). In inverno questa operazione potrà essere agevolata ponendo la teglia in forno con luce accesa. Trascorso il tempo della lievitazione sbrattiamo i tuorli delle uova, aggiungiamo i due cucchiai di latte e spennelliamo tutta la superficie delle brioscie, sempre in un senso.


7
Inforniamo in forno ventilato a 180° circa fino a quando non saranno completamente dorate. Il forno ventilato garantirà una cottura più uniforme a questo tipo di prodotto. Nel caso in cui il tuppo si dovesse dorare prima del resto della brioscia, ricavare dei quadratini con della carta stagnola e creare dei cappellini da porre sul tuppo. Continuare la cottura fino a quando il colorito risulterà omogeneo. Lasciare raffreddare su una gratella, coprendole con uno strofinaccio. Farcire con gelato, cioccolata spalmabile, marmellata oppure con tutto ciò che la vostra fantasia vi suggerirà. Naturalmente queste brioscie sono ideali da mangiare anche con la granita.


Utile da sapere!

Mi piace i racconti delle tue ricette ! Molti ricordi della nostra infanzia fanno bene soprattutto alla nostra anima, senza nulla togliere ai racconti fantasiosi che fanno sorridere un po’. Grazie Pat
Ciao Lina, io sono un nostalgico e attraverso i racconti riesco a raccontarmi e rivivere sensazioni che credevo ormai perse!!! Grazie a te per leggere quello che scrivo.