La ricetta
Sulla bontà del pane siciliano nessuno ha dubbi. Per rendersi conto di come la cultura della panificazione sia radicata da queste parti, basti entrare in uno dei vari panifici dislocati lungo tutto il territorio dell’isola per constatare che, ad ogni ora del giorno e a volte della notte, si sfornano prodotti realizzati con l’uso della farina.
Il pane che presentiamo oggi è un classico pane bianco realizzato con farina di media forza. Essendo questa una ricetta regalatami da un panettiere e considerando che le materie prime utilizzate sono differenti rispetto a quelle che possiamo reperire al supermercato (per i dettagli sulla farina da utilizzare andiamo giù in fondo alla pagina nella sezione ” utile da sapere”), ho dovuto fare diverse prove per adeguare farina e procedimento alle necessità casalinghe.
Essendo la Cucina di Tricchi Trocchi un blog di racconti e di ricette, prima di vedere come si prepara il pane siciliano vorrei raccontarti una storia – in questo caso clicca sul tasto “continua a leggere” per saperne di più – se invece vuoi passare direttamente alla sua preparazione, scorri più in basso per andare alla lista degli ingredienti.
Inoltre se ti fa piacere seguimi su Facebook (clicca qua) ed anche su Instagram (clicca qua).
Vivendo a Milano sapete cos’è che mi manca di più di Palermo? Il mare? Beh, sarebbe troppo scontato. Mi mancano le montagne vicinissime che se solo tendi una mano le puoi sfiorare con un dito, i colori e i profumi della natura che con la loro semplicità ti rinfrancano il cuore, il divertirsi con poco, perché basta un panino, una birra e gli amici di sempre per sentirsi più felici. Mi manca la complicità che si crea tra perfetti sconosciuti in coda alla posta oppure al semaforo e mi manca anche il pane! Perché direte voi, a Milano non lo vendono? Certo che sì, ma qui è differente.
Qualcuno dice che la ragione sia da attribuire all’acqua, altri al tipo di farina utilizzata, altri ancora alla quantità di lievito. Sta di fatto che la differenza è immediatamente tangibile.
Basti prendere in mano un panino del nord per rendersi conto che il suo peso specifico è di gran lunga inferiore rispetto al suo equivalente terrone. La crosta è meno croccante e morbida e la mollica, qui chiamata da qualcuno mòllica, è assolutamente inconsistente. E’ solo una questione di gusti e di tradizioni, niente di personale, sia inteso. Amo la terra in cui vivo, che mi ha adottato, ed amo le persone che la abitano. In fatto di pane, però, la Sicilia non teme confronti.
Nel corso degli anni mi sono interrogato se questa mancanza la avvertissi solo io o se fosse una sensazione diffusa anche tra altri siciliani in esilio. Così, qualche anno fa, ho lanciato un vero e proprio sondaggio chiedendo a dei siculi espatriati al nord di fornire il proprio contributo. Bene, su un campione di 30 persone di entrambi i sessi il 94% degli intervistati ha risposto che non mangiare pane della propria tradizione costituiva un indiscutibile motivo di frustrazione. Strano, vero?
Ma quale può essere la ragione? Il siculo doc ha nel proprio DNA oltre ad un amore viscerale per la mamma, ad un legame indissolubile per la propria terra e ad una dipendenza ossessiva per la ricotta, rigorosamente di pecora sia chiaro, anche una sorta di adorazione per il pane. Signorine, pizziati, semprefreschi, scalette, mafalde, parigini, torcigliati, bocconcini… sono ad esempio solo alcuni nomi di pane palermitano.
E’ significativo che esista un tale assortimento di forme realizzate con altrettante varietà di farine e che ognuno abbia un proprio nome che li identifichi. Non esiste siciliano che non ne conosca a memoria i formati e non ne sappia tracciare l’identikit anche ad occhi chiusi. Il milanese medio conosce solo la michetta e la ciabatta… Il resto? E’ solo pane, risponderebbe!
Al nord è frequente acquistarlo alle otto del mattino e spesso l’esercizio che lo distribuisce è una rivendita. In Sicilia, invece, è praticamente impossibile che un panificio non abbia annesso anche il forno e che gli acquirenti non siano aggiornati sugli orari delle sfurnate (sfornate) sulle quali adeguare i propri pasti. E’ consuetudine vedere clienti attenti e silenziosi come statue, ma non appena la commessa arriva dal retrobottega con la cesta di plastica bianca iniziano ad agitarsi nell’intento di attirare la sua attenzione. Del resto si sa, il pane a tavola deve essere sempre fresco, croccante e se possibile ancora tiepido se non addirittura caldo.
E se rimane? Nessun problema, lo si conserva e una volta raffermo, il cosiddetto pani ruru, lo si inzuppa nel latte, lo si frigge nell’olio oppure lo si grattugia per dare vita a tanti ripieni. E se proprio avanzano dei piccoli pezzetti che si fa? Prima di buttarlo via lo si bacia per poi finire nella spazzatura. Eh, sì, perché il pane è sacro e come diceva mia mamma, Gesù non vuole, frase per fare accrescere il senso di colpa in noi figli quando non consideravamo il cibo come un dono di Dio.
In Sicilia il pane non è solamente l’alimento per eccellenza che accompagna ogni pietanza, o quasi, è anche utilizzato come termine di paragone per catalogare le persone. Dire “è bonu com’u pani” (è buono come il pane) significa essere una persona di cuore, gentile e disponibile, ma dire “si fussi pani unni manciassi” (se fosse pane non ne mangerei) sta ad indicare una persona irritante e poco simpatica. Mio padre utilizzava spesso questa seconda espressione.
A Palermo non si rinuncia mai al pane, neppure la domenica in cui, oltre ai panifici aperti al mattino è possibile trovare ad ogni angolo di strada macchine con il cofano spalancato allestite da rivendite ambulanti… Sì, proprio loro, quelle che vendono il pane chinu ri pruvulazzo (il pane pieno di polvere), come diceva sempre mio padre. Solo in un giorno dell’anno è consentito al palermitano di astenersi dal mangiarlo, ed è il giorno di S. Lucia, ma questo lo racconteremo in una prossima puntata.
Ma veniamo al pane siciliano di oggi, un pane croccante e profumato che tutti possiamo preparare anche lontani dalla Sicilia. Trattai di un prodotto fatto esclusivamente con farina bianca, detto anche piane a birra. Oggi prepareremo:
La mafalda: è uno dei pani più rappresentativi di tutta la Sicilia la cui nascita sembra doversi ricondurre ad un panificatore catanese che nell’ottocento la dedicò a Mafalda di Savoia. E’ un pane croccante fuori, morbido dentro che nell’immaginario collettivo viene farcito con la mortadella oppure delle fette di melanzane rigorosamente fritte. Mentre a Palermo viene prodotta con farina di grano tenero, nel resto della Sicilia la si prepara con quella di grano duro.
La scaletta: chiamate così per via della sua tipica forma a scala.
Il semprefresco: pane che rimane morbido per diversi giorni, spesso utilizzato in occasione di pic nic e spuntini pomeridiani. E’ il pane preferito dai vecchietti che non hanno i denti. La nostra cara vicina di casa Annamaria lo comprava, infatti, per gli anziani che accudiva ovvero zii e cugina. Siccome Annamaria era “signorina” in quanto non si era mai sposata, tutti l’appellavano con questo titolo nonostante avesse circa sessant’anni. Era abbastanza singolare che il panettiere di famiglia, a seguito di una prenotazione telefonica, dicesse alle commesse: mettete da parte alla Signorina Annamaria una signorina e tre semprefreschi.
A casa nostra il semprefresco lo si consumava con le panelle oppure con l’insalata. Non so se si trattasse di un’invenzione di mio padre oppure di una moda deghi anni, ma in occasione di scampagnate, gite scolastiche (soprattutto di mia sorella Roberta) oppure di pic nic, li preparava imbottendoli con lattuga romana a strisce, wurstel a rondelle, cipollotti bianchi a listarelle, il tutto condito con dell’olio extravergine di oliva, del sale e del limone.
Difficoltà
Media
Dosi Per
14 Panini circa
Preparazione
2 Giorni
Cottura
30 Minuti
Lista ingredienti per la biga del pane siciliano
500 gr. farina W260 (leggi fondo pagina)
250 ml di acqua minerale naturale
2,5 gr. di lievito di birra fresco
Lista ingredienti del il pane siciliano
500 gr. farina W260 (leggi fondo pagina)
20 gr. di zucchero
16 gr. di sale
7,5 gr. di lievito di birra fresco
280 ml c.a. di acqua naturale
Sesamo q.b.
Procedimento per la biga
1
La sera precedente alle ore 20 versiamo dentro ad una ciotola 500 gr. di farina (per dettagli sulla tipologia di farina vedasi sezione in fondo alla pagina dal titolo utile da sapere), sbricioliamo il lievito, aggiungiamo l’acqua a filo e con un cucchiaio di legno mescoliamo. Una volta che l’acqua sarà stata assorbita trasferiamoci su un piano da lavoro e impastiamo con le mani fino a fare assumere all’impasto una consistenza compatta. Dovrà risultare un po’ grezzo e non dovrà svilupparsi la maglia glutinica. Diamogli una forma sferica, spolveriamo della farina sul fondo della ciotola adagiandovi la pasta, copriamo con della pellicola trasparente (in inverno anche con un panno) e facciamo lievitare in un luogo asciutto per 12 ore.
Procedimento per il pane
2
L’indomani mattina alle ore 8 (dopo 12 ore) stacchiamo la biga con l’aiuto di un tarocco morbido, mettiamola dentro al boccale della planetaria, aggiungiamo 500 gr. di farina (per dettagli sulla tipologia di farina vedasi sezione in fondo alla pagina dal titolo utile da sapere), il lievito sbriciolato, lo zucchero e azioniamo la planetaria a velocità bassa con il gancio a foglia. Aggiungiamo man mano l’acqua a filo e quando si sarà assorbita mettiamo il sale. Adesso montiamo il gancio a uncino e continuiamo ad impastare sempre a velocità bassa facendo prendere forza all’impasto. Ci fermeremo quando si sarà ben incordato ovvero si attaccherà al gancio lasciando le pareti del boccale pulite.
2
Trasferiamo l’impasto su un piano da lavoro, facciamo qualche piega di rinforzo, la pirlatura che consiste nel mettere il panetto tra le mani e poi farlo roteare, inseriamolo in una ciotola che copriremo con un canovaccio e lasciamolo riposare per un’ora. E’ molto importante che l’ambiente in cui decideremo di fare lievitare l’impasto sia asciutto e lontano da correnti d’aria. Trascorso il tempo di riposo possiamo fare il nostro pane: mafalde, semprefreschi, scalette, bocconcini, signorine, parigini, ecc…
Le mafalde
1
Stacchiamo 6 pezzi di impasto da 120 gr. ciascuno e formiamo delle palline con il palmo della mano. Copriamo il resto dell’impasto con la pellicola trasparente. Stendiamo con il mattarello ogni pallina dandogli una forma allungata. Utilizziamo un piano in alluminio oppure una cerata in modo che non si appiccichi al piano. Non aggiungiamo farina. Arrotoliamo ben stretta la pasta su se stessa dalla parte più lunga dell’impasto facendo attenzione a non lasciare bolle d’aria. Lasciamo riposare l’impasto per cinque minuti in modo che si rilassi e non opponga resistenza durante la stesura.
2
Rolliamo ogni panetto d’impasto sul piano di lavoro come se stessimo utilizzando un mattarello ed allunghiamolo fino ad ottenere un cordoncino lungo 65 cm. Qualora durante questa operazione la pasta stessa dovesse opporre resistenza, facciamola riposare per cinque minuti in modo che diventi più elastica. Potrebbero essere necessari più tempi di riposo prima di riuscire ad ottenere la lungezza desiderata. A questo punto formiamo le mafalde creando una serpentina in cui l’ultima parte del codoncino, che sarà leggermente più sottile rispetto al resto, verrà posto al centro perpendicolarmente. Dovrà essere leggermente più lungo rispetto all’altezza della mafalda perché una volta posizionato tenderà ad accorciarsi.
3
Spruzziamo dell’acqua sulle mafalde, aggiungiamo il sesamo e disponiamole su una teglia ricoperta con carta forno distanziandole tra di loro. Copriamole con un canovaccio e facciamole lievitare per circa un’ora. In estate, qualora ci fosse molto caldo, potremo fare parte della lievitazione in frigorifero (ad esempio 40 minuti in frigorifero e il resto a temperatura ambiente).
le scalette
1
Nel frattempo che le mafalde lievitano dedichiamoci alla preparazione delle scalette. Facciamo quattro pezzature da 120 gr. l’una e seguiamo il medesimo procedimento delle mafalde. Lasciamo il resto dell’impasto al coperto. In questo caso il cordoncino dovrà essere lungo 55 cm e dovremo dargli la forma di una serpentina. Spruzziamo dell’acqua, aggiungiamo il sesamo e disponiamo i panini su una teglia ricoperta con carta forno distanziati tra di loro. Copriamoli con un canovaccio e facciamoli lievitare per un’ora circa. In estate facciamo parte della lievitazione in frigorifero (ad esempio 40 minuti in frigorifero e il resto a temperatura ambiente).
i semprefreschi
1
Prendiamo l’ultima parte di impasto, facciamo delle pezzature tra i 65 gr. e i 100 gr. e una volta steso l’impasto con il mattarello arrotoliamolo su se stesso ma in questo caso dalla parte più corta. Rolliamolo sul piano da lavoro come se stessimo usando un mattarello, affusoliamo i bordi e pinziamolo sulla base, quella che andrà a contatto con la teglia. Spruzziamo dell’acqua in superficie, aggiungiamo il sesamo e disponiamoli su una teglia ricoperta con carta forno distanziandoli tra di loro. Copriamlio con un canovaccio e facciamoli lievitare per circa un’ora e un quarto. In estate facciamo parte della lievitazione in frigorifero (ad esempio 40 minuti in frigorifero e il resto a temperatura ambiente).
Procedimento per la cottura del pane
1
La cottura del pane che avverrà sulla base della priorità di preparazione e di lievitazione. Mezz’ora prima di infornare le mafalde accendiamo il forno in modalità statica a 250° e poniamo un tegamino sul fondo. Appena raggiunta la temperatura, con uno spruzzino diamo una spruzzata di acqua sul pane e tre spruzzate sulle pareti laterali del forno. Abbassiamo la temperatura a 230° e inforniamo nel secondo livello partendo dal basso. Cuociamo per 10′ circa, togliamo il tegamino, abbassiamo la temperatura a 210′ e continuiamo la cottura per altri 10 minuti. Trascorso questo tempo abbassiamo a 190°, mettiamo una pallina di carta stagnola sullo sportello in modo che rimanga un po’ aperto e continuiamo fino a quando il pane non si sarà dorato. Una volta cotto mettiamolo a raffreddare su una griglia.
2
Una volta cotte le mafalde, essendo il forno già caldo, potremo alzarlo direttamente a 230° e una volta caldo diamo una pruzzata di acqua alle scalette, poi tre spruzzate alle pareti del forno per tre volte e inforniamole seguendo le indicazioni per la cottura delle mafalde di cui al punto precedente. Ricordiamoci di togliere il tegamino trascorsi i primi 10 minuti di cottura. Appena le scalette saranno pronte sarà il turno dei semprefreschi. Portiamo questa volta il forno a 210° e una volta raggiunta la temperatura bagnamo sempre con uno spruzzino prima il pane, poi diamo tre spruzzate alle pareti del forno e cuociamo per 10 minuti. Adesso togliamo il tegamino con l’acqua e abbassiamo a 200° fino a quando non saranno dorati. Vale sempre la regola che i tempi di cottura sono indicativi perché dipendono dal tipo di forno usato.
Utile da sapere!
La farina da utilizzare per questo tipo di ricetta è una farina bianca medio forte che riporti la sigla W260 nella confezione. Qualora non fosse indicata, utilizziamone una di tipo 1 che in etichetta riporti l’indicazione di 12 gr. di proteine.
L’acqua utilizzata per l’impasto dovrà essere a temperatura ambiente in inverno e fredda di frigorifero in estate. Inoltre, in estate i tempi di lievitazione potrebbero variare rispetto all’inverno. Preferiamo un’acqua minerale naturale a quella da rubinetto che potrebbe contenere più calcare e quindi essere più dura.
Tra una preparazione e l’altra, con l’obiettivo di mantenere sempre calda l’acqua del tegamino poniamola sul fuoco acceso in attesa di utilizzarla all’interno del forno. Spruzzare l’acqua sulle pareti del forno, adoperare un tegamino con l’acqua ed ultimare la cottura con il forno semi aperto serve per ottenere un pane più croccante e ben sviluppato.
Si vede che metti passione in quello che fai. Belli anche il racconto
Che gentile!!! Grazie, sono felice che questa cosa si veda
Ricordo che i miei genitori lo portavano dalla Sicilia tutte le volte che ci andavano. Voglio provarlo
Ciao Giuseppina, se lo provi fammi sapere!!!
Buongiorno leggere le ricette che pubblichi e come sognare ad occhi aperti Anch io sono di Palermo trasferita per lavoro in Puglia dove vivo attualmente quando vivevo nella nostra meravigliosa Palermo non preparavo nulla a casa c’era la mia mamma e le prelibatezze che volevamo le preparava lei o ancora più si acquistavavo già pronti … Ma il pane …il pane nelle panetterie palermitane era un rito. Adesso invece se voglio qualcosa lo faccio io. La tua descrizione è molto dettagliata complimenti ne prendo nota proverò subito questo fine settimana grazie davvero di cuore
Ciao Maria Concetta e grazie per i complimenti! Capisco bene cosa intendi dire poiché vivendo a Milano preparo in casa qualunque cosa mi aggradi attingendo spesso alle ricette degli addetti ai lavori siciliani. Se vuoi un consiglio io ho usato la farina Garolafo W260 che trovi nei supermercati più assortiti. Ne ho provate tante ma questa è quella che mi ha maggiormente soddisfatto per lo scopo! Grazie per seguire il blog
Grazie mille per la spiegazione dettagliata e per la storia raccontata, anch’io sono di Palermo ma vivo a Milano dal 1996, come mi manca il pane siciliano, una vera bontà
Ciao Daniela, grazie a te per il tuo commento!!! Beh che dire, visto che anche tu vivi a Milano siamo praticamente vicini di casa 😊 Il pane siciliano è davvero buonissimo e credo che per noi nostalgici l’unico modo per mangiarlo sia quello di prepararlo in casa.
Eh già
Ci vuole solo un po’ di tempo
Sì io ho iniziato il venerdì sera così ho avuto il sabato mattina per preparare il pane!
Che belli!!! Era da un po’ che cercavo la ricetta. Grazie
Ciao Francesco, sono contento che tu abbia trovato la ricetta che cercavi! Grazie per seguire il blog. 😊
Questo pane è pazzesco!!!
Ciao Maria, sì è davvero buonissimo 😋