La ricetta

A dispetto del nome, le ossa di morto (mustazzoli) sono dei buonissimi biscotti che si preparano a cavallo tra ognissanti e la commemorazione dei defunti. La loro presenza è diffusa in tutta la Sicilia ma il loro nome può variare in base alle zone di preparazione. E’ così che oltre ad ossa di morto li possiamo trovare con il nome di mustazzoli, moscardini e scardellini, per citarne solo alcuni.

Questi biscotti sono caratterizzati da una doppia colorazione e consistenza: bianca e più morbida in superficie, croccante e più scura alla base. Questo strabiliante risultato lo si ottiene durante la cottura in forno grazie alla separazione della farina dallo zucchero.

Essendo la Cucina di Tricchi Trocchi un blog di racconti e di ricette, prima di vedere come si preparano i biscotti ossa di morto (mustazzoli) vorrei raccontarti una storia – in questo caso clicca sul tasto “continua a leggere” per saperne di più – se invece vuoi passare direttamente alla loro preparazione, scorri più in basso per andare alla lista degli ingredienti.

Tra le varie tradizioni siciliane ce n’è una davvero singolare! Da queste parti a cavallo tra il primo ed il due novembre si festeggia la commemorazione dei defunti. Sì, proprio così, la festa dei morti, così chiamata da queste parti, nasce con l’obiettivo di avvicinare i più piccoli al ricordo di coloro che non sono più in vita facendogli vivere questa ricorrenza come qualcosa di gioioso. Ed è così che durante la notte i cari defunti tornano sulla terra per portare in dono ai più piccoli un cesto (chiamato cannistro) pieno di dolcetti e di giochi in segno del proprio affetto. Il due novembre si ricambia la visita andando a rendergli omaggio al cimitero.

Soltanto da adulti quegli stessi bambini capiranno l’importanza di una festa così singolare e del messaggio in essa custodito! L’amore è qualcosa da custodre e da donare anche oltre la vita stessa.

Mio padre da bambini ci portava questi biscottini custoditi dentro ad un sacchetto di carta che io aprivo ed annusavo non appena tra le mani. Mi piaceva il profumo speziato che sprigionavano e già immaginavo la pazienza che avrei dovuto mettere nel magiarli. Già, perché la loro durezza era direttamente proporzionale alla mia golosità.

Però non voglio parlare della mia infanzia… per raccontare la festa dei morti ela sua magia vorrei prendere in prestito le parole di un noto scrittore…

Fino al 1943, nella nottata che passava tra il primo e il due di novembre, ogni casa siciliana dove c’era un picciliddro si popolava di morti a lui familiari. Non fantasmi col linzòlo bianco e con lo scrùscio di catene, si badi bene, non quelli che fanno spavento, ma tali e quali si vedevano nelle fotografie esposte in salotto, consunti, il mezzo sorriso d’occasione stampato sulla faccia, il vestito buono stirato a regola d’arte, non facevano nessuna differenza coi vivi. Noi nicareddri, prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini (la grandezza variava a seconda dei soldi che c’erano in famiglia) che nottetempo i cari morti avrebbero riempito di dolci e di regali che avremmo trovato il 2 mattina, al risveglio.

Eccitati, sudatizzi, faticavamo a pigliare sonno: volevamo vederli, i nostri morti, mentre con passo leggero venivano al letto, ci facevano una carezza, si calavano a pigliare il cesto. Dopo un sonno agitato ci svegliavamo all’alba per andare alla cerca. Perché i morti avevano voglia di giocare con noi, di darci spasso, e perciò il cesto non lo rimettevano dove l’avevano trovato, ma andavano a nasconderlo accuratamente, bisognava cercarlo casa casa. Mai più riproverò il batticuore della trovatura quando sopra un armadio o darrè una porta scoprivo il cesto stracolmo. I giocattoli erano trenini di latta, automobiline di legno, bambole di pezza, cubi di legno che formavano paesaggi. Avevo 8 anni quando nonno Giuseppe, lungamente supplicato nelle mie preghiere, mi portò dall’aldilà il mitico Meccano e per la felicità mi scoppiò qualche linea di febbre.

I dolci erano quelli rituali, detti “dei morti”: marzapane modellato e dipinto da sembrare frutta, “rami di meli” fatti di farina e miele, “mustazzola” di vino cotto e altre delizie come viscotti regina, tetù, carcagnette. Non mancava mai il “pupo di zucchero” che in genere raffigurava un bersagliere e con la tromba in bocca o una coloratissima ballerina in un passo di danza. A un certo momento della matinata, pettinati e col vestito in ordine, andavamo con la famiglia al camposanto a salutare e a ringraziare i morti. Per noi picciliddri era una festa, sciamavamo lungo i viottoli per incontrarci con gli amici, i compagni di scuola: «Che ti portarono quest’anno i morti?». Domanda che non facemmo a Tatuzzo Prestìa, che aveva la nostra età precisa, quel 2 novembre quando lo vedemmo ritto e composto davanti alla tomba di suo padre, scomparso l’anno prima, mentre reggeva il manubrio di uno sparluccicante triciclo.

Insomma il 2 di novembre ricambiavamo la visita che i morti ci avevano fatto il giorno avanti: non era un rito, ma un’affettuosa consuetudine. Poi, nel 1943, con i soldati americani arrivò macari l’albero di Natale e lentamente, anno appresso anno, i morti persero la strada che li portava nelle case dove li aspettavano, felici e svegli fino allo spàsimo, i figli o i figli dei figli. Peccato. Avevamo perduto la possibilità di toccare con mano, materialmente, quel filo che lega la nostra storia personale a quella di chi ci aveva preceduto e “stampato”, come in questi ultimi anni ci hanno spiegato gli scienziati. Mentre oggi quel filo lo si può indovinare solo attraverso un microscopio fantascientifico. E così diventiamo più poveri: Montaigne ha scritto che la meditazione sulla morte è meditazione sulla libertà, perché chi ha appreso a morire ha disimparato a servire.

(da Racconti quotidiani di Andrea Camilleri)

Difficoltà

Difficile

Dosi Per

24 biscotti circa

Preparazione

30 Minuti

Cottura

3 Minuti

Lista ingredienti biscotti ossa di morto

500 gr. di farina 00

500 gr. di zucchero a velo

Ammoniaca per dolci

140 gr. di acqua

Chiodi di garofano in polvere q.b.

Cannella in polvere q.b.

Procedimento

1

In una terrina inseriamo la farina, lo zucchero, un pizzico di chiodi di garofano in polvere, un pizzico di cannella in polvere, la punta di un cucchiaino di ammoniaca e mescoliamo. Aggiungiamo anche tutta l’acqua in più parti e mescoliamo nel frattempo con un cucchiaio. Alla fine otterremo un composto secco e che si sbriciola ma non dovremo aggiungere altra acqua. Impastiamo con le mani per un po’ riscaldando l’impasto.

2

Raccogliamo con le mani un po’ di composto, compattiamolo stringendolo alternativamente nella mano destra e sinistra e infine rolliamolo su un piano da lavoro ottenendo un salsicciotto. Adesso tagliamo dei tocchetti e disponiamoli su un vassoio sul quale avremo steso della carta forno. Lasciamoli riposare per 24 ore in un luogo asciutto senza coprirli. Durante il riposo non dovremo né toccarli e neppure spostarli. Trascorse le 24 ore i tocchetti si saranno asciugati esteriormente diventando bianchi come dei gessetti ma sotto saranno rimasti umidi.

3

Accendiamo il forno a 180° in modalità statica e quando avrà raggiunto la temperatura inforniamo su una teglia ricoperta con della carta forno nel secondo ripiano partendo dal basso. Attenzione non dovremo né bagnare il sotto del biscotto e neppure bagnare la carta forno come previsto in alcune ricette. Lasciamo cuocere per circa 20 minuti e comunque fino a quando lo zucchero sarà fuoriuscito dalla parte bianca e si sarà diventato dorato (il tempo dipende dal tipo di forno). Lasciamo raffreddare e serviamo i nostri biscotti ossa di morto.

Utile da sapere!

Qualora non avessimo dei chiodi di garofano in polvere, versiamo in un pentolino circa 300 gr. di acqua, inseriamo dei chiodi di garofano interi, portiamo ad ebollizione e spegniamo. Non appena l’acqua sarà fredda pesiamone 140 gr. che useremo per la ricetta.


Commenti (4)
      1. Grazie per la ricetta è da molto che la cercavo li farò sicuramente la spiegazione è bellissima
        Grazie e bravissimo

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