La ricetta

Se la cassata è la Regina indiscussa della pasticceria siciliana, il cannolo ne è certamente il Re. I cannoli, benché la storia ci insegni che entrambi venivano preparati a carnevale, al giorno d’oggi, con il passare dei secoli e delle mode, il loro consumo non è più legato a uno specifico periodo dell’anno ma è sempre possibile acquistarli nelle numerose pasticcerie dell’isola. In Sicilia, soprattutto durante le festività, ogni fine pasto si conclude con abbondanti porzioni di questi dolci, compagni fedeli di allegre mangiate, risate scanzonate e momenti gioviali che fanno da sottofondo ai ricordi evocati a gran voce dagli stessi commensali. I pranzi diventano l’occasione per raccontare e raccontarsi in un clima di calore che solo la famiglia è capace di regalare e che solamente quando si vive lontani da casa ci si accorge che le piccole cose fatte di calore familiare racchiudono l’essenza stessa della vita. In Sicilia c’è il sole, il mare, la brezza carezzevole, le verdi montagne scoscese, le pianure, la natura variopinta che anche in inverno dona quanto di meglio il buon Dio abbia potuto regalarci. Segni tangibili di ciò che questa terra ogni giorno ci offre e che spesso, per incuranza o distrazione, ignoriamo e trascuriamo. E tra i profumi e i sapori che raccontano storie lunghe secoli, scopriamo anche quella dei cannoli…

Se la cassata è la Regina indiscussa della pasticceria siciliana, il cannolo ne è certamente il Re. Benché la storia ci insegni che entrambi venivano preparati a carnevale, al giorno d’oggi, con il passare dei secoli e delle mode, il loro consumo non è più legato a uno specifico periodo dell’anno ma è sempre possibile acquistarli nelle numerose pasticcerie dell’isola. In Sicilia, soprattutto durante le festività, ogni fine pasto si conclude con abbondanti porzioni di questi dolci, compagni fedeli di allegre mangiate, risate scanzonate e momenti gioviali che fanno da sottofondo ai ricordi evocati a gran voce dagli stessi commensali. I pranzi diventano l’occasione per raccontare e raccontarsi in un clima di calore che solo la famiglia è capace di regalare e che solamente quando si vive lontani da casa ci si accorge che le piccole cose fatte di calore familiare racchiudono l’essenza stessa della vita. In Sicilia c’è il sole, il mare, la brezza carezzevole, le verdi montagne scoscese, le pianure, la natura variopinta che anche in inverno dona quanto di meglio il buon Dio abbia potuto regalarci. Segni tangibili di ciò che questa terra ogni giorno ci offre e che spesso, per incuranza o distrazione, ignoriamo e trascuriamo. E tra i profumi e i sapori che raccontano storie lunghe secoli, scopriamo anche quella dei cannoli…
In verità la storia del cannolo siciliano è davvero ricca di miti e di legende. L’etimologia della parola trae la sua origine dalla canna da fiume intorno alla quale un tempo veniva arrotolato l’impasto che gli conferiva la tipica forma cilindrica. Ancora oggi, anche se non più concesso per via di severe norme igienico sanitarie, qualcuno le utilizza al posto dei più moderni cilindri in metallo. Ma da dove deriva questa forma così estrosa? Secondo le notizie più accreditate il cannolo nacque in Sicilia durante la dominazione araba in una zona dell’isola chiamata Qal’at al-Nissa oggi divenuta Caltanissetta il cui significato è “Castello delle donne”. E sono proprio le donne le protagoniste indiscusse di due contrapposte legende. La prima ricondurrebbe le sue origini all’interno dell’’Harem sito nel Castello di Caltanissetta in cui viveva l’Emiro con le sue giovani concubine. Considerando che le donne erano solite sperimentare nuove ricette per omaggiare il loro emiro, sembra che si fossero ispirate a lui, anzi al suo attributo, per conferire a quel dolce così singolare un’insolita forma fallica. A questa leggenda però se ne contrappone un’altra che riferisce che sul finire del dominio arabo in Sicilia e con la scomparsa degli harem, qualche concubina convertitasi al cristianesimo portò con sé nei monasteri le proprie ricette trasferendole alle consorelle. Quest’ultime decisero di preparare il cannolo in occasione del carnevale per omaggiare una festa tanto allegra quanto divertente, facendo uscire dalla sommità del dolce una valanga di ricotta simulando così un rubinetto aperto che lascia scorrere la propria acqua. Infatti in dialetto siciliano la parola cannolo vuol dire rubinetto.
Quale sia la verità è davvero difficile da scoprire, ma la cosa certa è che in epoca romana Cicerone ne parlò nei suoi scritti: “Tubus farinarius dulcissimo edulio ex lacte fartus” (“tubo farinaceo ripieno di un dolcissimo cibo a base di latte”).
Soltanto nei secoli a venire la ricetta del cannolo venne modificata fino a diventare quella che noi tutti conosciamo: cialda croccante (scorza) chiamata in siciliano “scorcia” o “scoccia” fatta solitamente con farina, zucchero, aceto, marsala, uovo e un ripieno a base di crema di ricotta rigorosamente di pecora. Gli ingredienti della cialda tuttavia possono leggermente variare in base al luogo di produzione e alla tradizione. Qualcuno ad esempio omette il cacao aggiungendo un po’ di polvere di caffè, altri omettono l’uovo, altri ancora aggiungono la cannella, c’è chi inserisce dell’acqua all’impasto e c’è chi non usa l’aceto.
Al giorno d’oggi esistono diverse versioni di questo dolce. A Palermo, ad esempio, oltre al classico formato di media grandezza ci sono i cannolicchi, ovvero piccoli cannoli dalle dimensioni di un dito da gustare in ogni momento della giornata accompagnati dal caffè del mattino oppure da mangiare a merenda o come sfizioso dopo cena. Nella zona di Piana degli Albanesi, molto rinomata per la qualità e la bontà di questo dolce, ne esistono di dimensioni più grandi e addirittura in occasione della sagra tenutasi nel febbraio del 2021 ne è stato creato uno di quasi sei metri battendo così il record precedente del 2014 che ne misurava oltre quattro. Entrambi sono entrati nel guinnes dei primati. A Catania la particolarità è invece quella di aggiungere i canditi alla ricotta, oltre naturalmente alle gocce di cioccolato. In epoca moderna sta prendendo sempre più piede anche il cannolo scomposto, servito principalmente nei ristoranti isolani, preparato con gli stessi ingredienti della ricetta tradizionale ma assemblati alternando pezzi di cialda alla ricotta. Proprio per questa particolarità io da sempre lo chiamo cannolo scafazzato, ovvero schiacciato.
Che sia grande, piccolo oppure scafazzato a me il cannolo piace sempre e alimenta la golosità insita nel mio DNA trasmessami da mio padre Gianni. Sì, proprio lui che fino a qualche anno fa riusciva a mangiarne anche quattro di quelli grandi, uno di fila all’altro, e per di più dopo i pasti. Ma la cosa più singolare era che quando ero bambino metteva i dolci sotto chiave per evitare che a sua insaputa io ne facessi razzia. Di contro lui, approfondando di qualche nostra distrazione, arraffava indisturbato ciò che poteva. Insomma, il bue che dice cornuto all’asino. Notizie certe riferiscono che da ragazzino insieme ai suoi fratelli abbiano sottratto dal frigorifero un intero vassoio di cannoli mangiandone la ricotta e sostituendola con dell’ovatta. Naturalmente nel momento in cui i genitori se ne accorsero gli fecero la festa. E fu a seguito di questo racconto che poco più che adolescente scrissi una poesia per ricordargli quel suo gesto tutte le volte che mi rinfacciava la mia golosità.

Cu si futtiu i cannuola?
Ora bella a virità, vo sapiri a novità?
Sai assira assistimavu na nguantiera rintra u frigo
Me marito m’accattò i cannuola ni Totò
I me figghi furbi e scarti mi taliavanu in disparti
Pun faciricci manciari l’appa subitu ammucciari
Stamatina bedda mia un c’è crema, matri mia
S’ammuccaru tutta intera e a mattula rintra c’era
Si li pigghiu a sti curnuti, su lignati garantuti
U cannolo è na poesia, mancia, vivi e così sia

Chi ha rubato i cannoli?
Sai qual è la novità?
Ieri sera ho conservato un vassoio dentro al frigo
Mio marito mi comprò i cannoli da Totò
I miei figli furbi e scaltri mi guardavano in disparte
Per non farglieli mangiare li ho dovuti conservare
Stamattina bella mia non c’è crema, mamma mia
L’han mangiata tutta intera e l’ovatta dentro c’era
Se li prendo quei monelli botte orbe gli do a quelli
Il cannolo è una poesia, mangia, bevi e così sia

Difficoltà

Difficile

Dosi Per

30 cannoli grandi

Preparazione

2 giorni

Cottura

1 Ora

Lista ingredienti per la cialda

500 gr. farina 00 max 9 gr. di proteine

60 gr. di zucchero semolato

60 gr. di strutto freddo

10 gr. di cacao amaro in polvere

Un uovo intero a temperatura ambiente

Un albume

120 gr. di Marsala

30 gr. di aceto di vino bianco

Un pizzico di sale

Strutto oppure olio di semi di girasole

Lista ingredienti per la crema di ricotta

2 Kg. di ricotta di pecora freschissima

600 gr. di zucchero semolato

140 gr. di gocce cioccolato fondente

Lista ingredienti per la guarnizione

Scorze di arance candite

Ciliegie candite

Granella di pistacchi

Utensili richiesti

Una forma per cannoli in alluminio

Dei cilindri per cannoli in alluminio

Una sac à poche

Un beccuccio liscio da 2 cm.

Un setaccio a maglie fini

Una spatola morbida

Procedimento per la crema di ricotta

1

Per prima cosa il giorno prima della preparazione dei cannoli mettiamo la ricotta dentro ad uno scolapasta, inseriamo sotto un piatto, con un cucchiaio sfaldiamola in modo da agevolare la fuoriuscita del siero e dopo avere coperto la superficie con della pellicola trasparente riponiamola in frigorifero per 24 ore.

2

L’indomani eliminiamo l’acqua in eccesso che si sarà depositata sul fondo del piatto, riponiamo la ricotta dentro ad un capiente recipiente, aggiungiamo lo zucchero semolato e mescoliamo grossolanamente. Adesso prendiamo un setaccio a maglie fini, versiamoci dentro la ricotta in più parti e con l’aiuto di una spatola morbida schiacciamola in modo da farla passare attraverso le maglie del setaccio. Ripetimo l’operazione due o tre volte circa fino a quando non otterremo una crema. Terminata l’operazione copriamo il recipiente con della pellicola trasparente e riponiamolo in frigorifero. Prima di utilizzare la ricotta aggiungiamo le gocce di cioccolato che dovremo amalgamare per bene alla crema.

Procedimento per la cialda

1

Dopo avere preparato la crema di ricotta occupiamoci delle scorze. Montiamo la frusta a foglia nella nostra planetaria e versiamo dentro al cestello il marsala, l’aceto, l’uovo battuto e facciamoli amalgamare. Continuando a mescolare aggiungiamo lo zucchero, il cacao, lo strutto a pezzetti da frigo, il sale ed infine la farina da aggiungere poco per volta. Non appena avremo introdotto l’ultima quantità di farina aumentiamo la velocità della planetaria e fermiamoci quando gli ingredienti saranno ben incorporati. Otterremo un composto grezzo che trasferiremo sul tavolo ed impasteremo ancora per un po’ a mano. Diamogli una forma sferica, avvolgiamolo nella pellicola trasparente e poniamolo in frigorifero per 1 ora. Se impastiamo a mano iniziamo dagli ingredienti solidi che inseriremo in un capiente recipiente e successivamente aggiungeremo quelli liquidi. Una volta amalgamati per bene trasferiamoci sul piano da lavoro e continuiamo ad impastare.

2

Trascorsa l’ora tiriamo fuori dal frigorifero il nostro impasto e lasciamolo riposare per 30 minuti a temperatura ambiente. Stacchiamone un pezzo alla volta e aiutandoci con un mattarello stendiamolo creando un rettangolo. Se dovesse essere necessario aggiungiamo un po’ di farina sul piano di lavoro. La parte non ancora utilizzata dovrà rimanere avvolta dentro la pellicola per evitare che si secchi all’aria. A questo punto facciamo passare dalla sfogliatrice azionata elettricamente oppure a mano la nostra striscia d’impasto avendo cura di selezionare lo spessore del rullo più grande. Ad ogni passaggio dovremo fare delle pieghe portando prima il lembo destro verso il centro e poi quello sinistro in modo da congiungerlo al precedente. E’ importante che ad ogni passaggio nella sfogliatrice la parte da che inseriremo sia quella più corta in larghezza in modo da dare all’impasto la possibilità di allungarsi per bene. Attraverso questi passaggi si creeranno degli spazi tra uno strato e l’altro in cui i inserirà dell’aria che permetterà, durante la frittura, di creare le classiche bolle sul cannolo. Dopo circa 4/5 passaggi riduciamo lo spessore del rullo fino a raggiungere circa 1 mm e mezzo e ripassiamo per l’ultima volta la pasta. La sfoglia dovrà risultare abbastanza sottile. Qualora non avessimo una sfogliatrice potremo fare i medesimi passaggi utilizzando un mattarello. Naturalmente il risultato finale non sarà il medesimo.

3

Stendiamo la nostra sfoglia su un piano da lavoro e con il coppapasta per i cannoli oppure con uno di forma rotonda (potremo utilizzare anche una sagoma in cartone), ricaviamo le nostre forme. Disponiamo i dischi così ottenuti su un vassoio distanziandoli tra di loro ed inserendo sotto della carta forno. Posizioniamo l’apposito cilindro per cannoli al centro del disco, allarghiamo leggermente con le dita le due estremità e portiamo prima un lembo verso il centro del tubo avendo cura di spalmare sopra la punta della pasta un po’ di albume sbattuto e poi accavalliamo anche l’altro lembo. Facciamo una pressione con le dita saldando i due lembi in modo che il nostro cannolo non si apra durante l’operazione di frittura. Dovremo avere cura di lasciare la pasta molto morbida rispetto al tubo in modo da favorire la formazione delle bolle durante la frittura.

4

Versiamo lo strutto oppure l’olio dentro ad una padella dai bordi alti e non appena avranno raggiunto la temperatura di 175° immergiamo pochi cannoli per volta, in base alla grandezza della padella. Per verificare la temperatura occorrerà utilizzare un termometro da cucina. In alternativa potremo usare uno stuzzicadenti ed attendere che l’olio sfrigoli facendo delle bollicine sulla sua superficie. Quest’ultimo è un metodo non del tutto preciso e affidabile che potrà però tornarci utile in caso di necessità. Una volta immersi i cannoli nello strutto oppure nell’olio, girarli continuamente in modo da garantire una cottura uniforme e tenerli immersi con l’aiuto di una schiumarola continuando comunque a rigirarli affinché acquisiscano un bel colorito dorato. Qualora durante la cottura lo strutto oppure l’olio dovessero diventare troppo caldi, spegniamo il fuoco fino a quando non avranno raggiunto la giusta temperatura per poi riaccenderlo nuovamente. Una volta cotte disponiamo le cialde su uno scola olio e una volta fredde estraiamo il cilindro.

Procedimento per assemblare il cannolo

1

Inseriamo la ricotta dentro ad una sac a poche a cui avremo applicato un beccuccio liscio e riempiamo i nostri cannoli siciliani. Disponiamoli su un vassoio e spolveriamo dello zucchero a velo aiutandoci con un colino. Solo successivamente potremo guarnire le due estremità con le scorzette d’arancia, oppure con le ciliegie candite che avremo precedentemente diviso a metà oppure ancora con della granella di pistacchio.

Utile da sapere!

Spesso si sente parlare di cannoli espressi. E’ infatti importante che la scorza venga riempita solamente al momento del consumo in quanto se la ricotta viene lasciata troppo a lungo dentro la cialda, l’umidità della crema tenderà ad ammorbidirla facendole perdere la sua caratteristica: la croccantezza. Le scorze dei cannoli siciliani possono essere conservate per qualche giorno dentro a dei sacchetti ermetici, oppure ancora meglio dentro a delle scatole di latta. I valori delle proteine le troviamo espresse solitamente in grammi sulla confezione: valori più alti, così come nel caso si una cialda troppo spessa, la renderebbero molle. La quantità di zucchero da aggiungere per fare la crema si aggira intorno al 30% del peso specifico della ricotta, compresa di siero. Valori superiori o inferiori dipendono dai gusti strettamente personali.


Commenti (8)
  1. Ciao Patrizio dimmi se ne sono avanzati e li hai conservati nel frigo, così ti mando i miei nipoti. Di sicuro non c’è il rischio di perderli.

  2. Veramente complimenti per la spiegazione dettagliata e precisa.
    Mi sembra di partecipare ad un’opera d’arte, realizzata da mani esperte ,coinvolgenti , antiche, che nobilitano sia chi opera, sia la Sicilia ,terra di fascino e accoglienza.

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