La ricetta
Oggi prepariamo il parfait di mandorle, ma prima di vedere la ricetta, vorrei raccontarvi una storia… Come si fa ad essere così diametralmente opposti, mi sono sempre chiesto! Uno alto, l’altra bassa, uno chiaro, l’altra scura, uno casalingo, l’altra cusciuta (amante dello svago), uno introverso, l’altra chiacchierona, uno menefreghista della moda, l’altra che se avesse sposato Trussardi, Tomaso naturalmente, avrebbe fatto bingo. Insomma, potrei continuare all’infinito ad elencare differenze più o meno tangibili ma sta di fatto che tra me e mia sorella le uniche che ci accomunano sono mamma Ina e papà Gianni.
Oggi prepariamo il parfait di mandorle, ma prima di vedere la ricetta, vorrei raccontarvi una storia… Come si fa ad essere così diametralmente opposti, mi sono sempre chiesto! Uno alto, l’altra bassa, uno chiaro, l’altra scura, uno casalingo, l’altra cusciuta (amante dello svago), uno introverso, l’altra chiacchierona, uno menefreghista della moda, l’altra che se avesse sposato Trussardi, Tomaso naturalmente, avrebbe fatto bingo. Insomma, potrei continuare all’infinito ad elencare differenze più o meno tangibili ma sta di fatto che tra me e mia sorella le uniche che ci accomunano sono mamma Ina e papà Gianni. Anzi, vi dirò di più, proprio per questa evidente diversità da bambino mi ero convinto che i nostri genitori mi avessero adottato. Ricordo nitidamente che di nascosto rovistavo nei cassetti della loro camera alla ricerca di un certificato di adozione o di qualunque cosa che potesse avvalorare i miei dubbi. Sono strano??? Beh, diciamo che avevo i miei buoni motivi.
Cominciamo col dire che tra me e mia sorella ci nono un po’ di anni di differenza e che prima che io nascessi lei era la regina indiscussa della casa. Molto coccolata e viziata, mio padre le portava tutte le sere, al rientro dal lavoro, un bel regalo per renderla felice. Così aveva passato i suoi anni a non dovere neppure desiderare di ottenere qualcosa considerando che i suoi sogni si materializzavano davanti ai propri occhi. Insomma, quella sì che era vita, anzi era un vero paradiso in terra da difendere con le unghie e con i denti e che aveva ormai acquisito per usucapione… Sì, vabbè, non fate i precisini, lo so che le tempistiche per l’usucapione sono differenti, era solo un modo per rendere l’idea di qualcosa che ormai le apparteneva di diritto. Fu così che un giorno questo mondo perfetto fatto di bambole, vestiti e giochi di ogni tipo fu totalmente sconvolto dall’arrivo di un bambino biondo, con gli occhi verdi e soprattutto maschio, un vero angioletto in carne ed ossa, insomma. Un fratello, pensò lei, siamo diventati matti? Ma giusto a me doveva capitare questa disgrazia, che poi dico, con tutti i genitori che vogliono un neonato era così necessario che arrivasse proprio da queste parti? Ebbene sì, la mia presenza in casa fu vissuta come una minaccia da parte della mia nuova sorella e ad aggravare le cose ci si mise pure mia madre che cominciava a dare segni di evidente squilibrio.
Forse perché qualche anno prima che io nascessi avevano provato ad avere un bambino che poi persero oppure per la felicità che fosse arrivato un bel maschietto, sta di fatto che mia madre passava le notti a guardarmi incantata mentre dormivo nella culla, oppure giocava con me dopo il riposo pomeridiano oppure ancora cercava di farmi addormentare cantandomi le ninne nanne. Io però preferivo sonnecchiare con una piccola radiolina sotto il cuscino che mi parlava e mi teneva compagnia. Di contro mio papà, vedendo il suo eccesivo attaccamento nei miei confronti, si arrabbiava con lei perché piuttosto che riposare spendeva il proprio tempo in futili attività. Era dunque piombato in casa un bambino diametralmente opposto rispetto alla propria sorella, un pargoletto buono, tranquillo, pacioccone al contrario dell’altra che era un vero terremoto. Io fui soprannominato da mio padre Tricchi Trocchi e mia sorella Termotolo dallo zio Franco. Ah, beh, non mi chiedete i significati perché non vi saprei rispondere.
Diciamo che entrambi non erano nuovi a questo tipo di linguaggio visto che fin da bambini avevano inventato un loro modo di parlare per potere dialogare indisturbati senza che nessuno potesse comprendere il significato delle parole. La cosa più esilarante era che questo modo di esprimersi lo avevano mantenuto anche da adulti e così non era inusuale che la gente li guardasse perplessi nel cercare di capire quale lingua stessero parlando. Ma ritorniamo a dove eravamo rimasti, ovvero a quella povera bambina che non si era abituata alla presenza di un fratellino per il quale la mamma aveva perso la testa. Mia sorella non sapeva che il peggio sarebbe dovuto ancora arrivare. Un giorno, infatti, dinnanzi all’ennesimo regalo fattole da mio padre, mia madre gli disse: Gianni, ascolta, adesso i bambini sono due, per cui o porti dei regali ad entrambi oppure da oggi si cambiano le regole. Così, considerando che l’impegno economico sarebbe raddoppiato, mio padre optò per la seconda scelta. Miiiiiii pensò mia sorella, questo è un vero affronto alla mia persona, e tutto a causa di quel rompiscatole di fratello che non ho scelto ma che è arrivato a mia insaputa. E allora, sapete cosa vi dico? Non gli renderò la vita facile. Ed effettivamente così fu. Ad aggravare una situazione già compromessa di suo, ci si misero pure gli estranei che riempivano mia madre di complimenti su quanto fossi bello, dolce e buono. Insomma, la gelosia si impossessò di lei. Fu così che Roberta iniziò a farmi i dispetti, unica arma che aveva per combattermi, sfruttando a suo favore una mia caratteristica: ero un vero caga sotto! Ecco che il bastone con indosso un lenzuolo diventava un fantasma con il quale farmi scappare, che gli agguati dietro le porte rappresentavano il modo per non farmi avvicinare alla TV e che i racconti da brivido non mi facevano dormire la notte. Io sempre a piangere attaccato alle gambe di mia mamma, lei soddisfatta per quelle piccole vendette.
Ma dietro a questa sua reazione si celava un evidente stato di ansia che l’avevano portata all’inappetenza tanto che il suo medico, per farla riprendere, consigliò a mia madre di trasferirci in campagna. L’aria buona e salubre l’avrebbe sicuramente aiutata a riprendersi. Insomma, di punto in bianco tutti e tre ci ritrovammo relegati in mezzo al nulla con mio padre costretto a percorrere parecchi chilometri dopo il lavoro per venire a trovarci. Insomma, benché molto piccolo avevo già avevo combinato tanti guai!!!
Crescendo la nostra diversità si delineò con maggiore enfasi. Io sempre più calmo, tranquillo, riflessivo, lei sempre più imprevedibile. Un episodio che ricordo con allegria è quello in cui si arrampicava sulle tegole della casa al mare degli zii per prendere il sole e si versava sui capelli e sul corpo un’intera bottiglia di birra con l’obiettivo di ottenere un look selvaggio… In realtà di selvaggio le venivano solo i capelli che le diventavano giallo “pollanca” (pannocchia). Altro aneddoto è quello in cui nel cuore della notte metteva dei cuscini sopra il letto per poi coprirli con un lenzuolo e sgattaiolare fuori dalla finestra posta al pianterreno per incontrarsi con il suo fidanzatino Benny. Io naturalmente quando mi accorgevo di tutto ciò e di molto altro ancora correvo da mia madre a fare la spia con il risultato che lei la metteva in punizione ed io mi sorbivo i vari insulti. Da parte mia era un modo per difenderla, anche se lei mi avrebbe fatto sparire ben volentieri.
Ma gli anni passano e quando si cresce è come se le barriere venissero abbattute, la differenza di età si accorcia ed ogni cosa assumesse una connotazione differente. Così, contrariamente a quando eravamo bambini in cui detestava avermi tra i piedi per via di quella mia irrefrenabile voglia di spifferare le sue gesta, durante la mia adolescenza capitava spesso che uscissimo insieme trascorrendo del tempo in compagnia di conoscenze comuni. Io amavo circondarmi di amici più grandi e alcuni di questi divennero anche sue frequentazioni. Fu durante queste uscite che conobbi il protagonista di questa ricetta, il Parfait di mandorle, dolce che ordinavo spesso seduti al piano bar tra una risata ed una cantata. Amavo tantissimo questo tipo di convivialità in cui le luci soffuse, il pianoforte, le canzoni e le dediche facevano da sottofondo alle nostre chiacchierate mentre sognavamo come sarebbe stato il nostro domani. Il parfait di mandorle, a dispetto del nome francese fu inventato nei primi anni sessanta in Sicilia, per la precisione a Monreale, in occasione di un sontuoso ricevimento tenutosi presso un rinomato ristorante tutt’ora in attività. E se non si sceglieva il parfait alle mandorle la preferenza ricadeva sullo spongato, enorme bicchiere in vetro con almeno 150 gr. di gelato rallegrato da ombrellini colorati, biscottini e salsa al cioccolato.
Ed eccoci giunti alla fine di questo racconto, una storia che parla di diversità, di rapporti inscindibili e indissolubili ma anche di amore, unione, comunione, ovvero di concetti che messi insieme alimentano la parola fratello in cui il creato si apre all’uomo in un’intimità di emozioni e di relazioni… E così il fratello diventa un amico, un complice, un confidente sul quale potere sempre contare e sul quale potersi rispecchiare. E concludo con una dedica che parecchi anni fa io e mia sorella ci siamo regalati reciprocamente. Non ricordo cosa ci fosse scritto nella sua, ma nella mia si leggono queste parole:
Fratello
Grazie perché sai capirmi anche con uno sguardo,
perché mi sei sempre vicino quando ne ho bisogno e sai farmi sorridere.
Grazie perché mi fai sentire importante
e cammini con me lungo il sentiero della vita.
Difficoltà
Facile
Dosi Per
10 Persone
Preparazione
30 Minuti
Cottura
Nessuna
Lista ingredienti per pralinare le mandorle
250 gr. di mandorle pelate
250 gr. di zucchero
75 gr. di acqua
Lista ingredienti per il semifreddo
500 ml. di panna liquida fresca
2 uova
100 gr. di zucchero
Due bustine di vanillina
Lista ingredienti per il topping al cioccolato
150 g di zucchero
50 g di cacao amaro
100 g di acqua
Mezzo cucchiaio di succo di limone
Un po’ di vanillina
Procedimento
1
Innanzitutto praliniamo le mandorle. Inseriamole dentro ad una capiente padella antiaderente, aggiungiamo lo zucchero, l’acqua, accendiamo il fuoco e mescoliamo di continuo. Il liquido prima inizierà a sobbollire, poi lo zucchero diventerà molto sabbioso ed infine si attaccherà sulle mandorle. Giriamole di continuo fino a quando non si saranno leggermente imbiondite. Disponiamole su una teglia coperta con della carta forno, distanziamole e lasciamole raffreddare. Non appena fredde versiamone un po’ alla volta dentro ad un frullatore e riduciamole in pezzetti grossolani.
2
Prendiamo due uova, dividiamo i tuorli dagli albumi e montiamo prima gli albumi a neve fermissima e dopo avere lavato per bene le fruste montiamo anche i tuorli con i 100 gr. di zucchero. Conserviamo entrambi i composti in frigorifero in attesa del loro utilizzo.
3
Puliamo per bene le fruste e montiamo la panna che dovrà essere anch’essa fredda di frigorifero ed a cui avremo aggiunto un cucchiaino di zucchero semolato. Una volta montata inseriamo i due composti di uova mescolando con movimenti delicati dall’alto verso il basso per non smontare il composto ed infine aggiungiamo anche le mandorle lasciandone da parte circa 80 grammi che useremo per la guarnizione.
4
Adesso foderiamo uno stampo da plumkake con della pellicola trasparente e della carta forno lasciandone un po’ fuori dai bordi per aiutarci al momento di sformare il dolce. Versiamo il composto, chiudiamo i lembi sovrapponendoli e riponiamo in freezer per tutta la notte.
5
Il giorno successivo prepariamo il topping al cioccolato. Mettiamo l’acqua sul fuoco, lo zucchero, il limone, la vanillina e portiamo ad ebollizione. Versiamo il cacao mescolando di continuo e facciamo cuocere dolcemente per circa 5 minuti. Mettiamolo da parte.
6
A questo punto tiriamo fuori dal freezer il nostro parfait di mandorle, lasciamolo a temperatura ambiente per qualche minuto e poi capovolgiamolo su un vassoio staccandolo dalla forma tirando i lembi di carta. Decoriamo con il topping al cioccolato facendone cadere un po’ sui lati e poi distribuiamo in superficie le restanti mandorle caramellate. Serviamo il nostro parfait di mandorle a fette facendo colare dell’altro cioccolato..
Utile da sapere!
Il parfait di mandorle si conserva in freezer per qualche giorno coperto con della pellicola trasparente.
Grazie x le ricette sono perfette e soprattutto piene di passione x la cucina
Ciao Maria Concetta, grazie a te per essere passata dal sito ed anche per i tuoi complimenti!