La ricetta

Il sapore della Sicilia in un’iconica ricetta della tradizione: è la pasta con le sarde, un primo piatto che unisce il gusto intenso del pesce azzurro all’aroma del finocchietto selvatico e dello zafferano a cui si aggiunge una nota croccante caratterizzata dai pinoli e quella dolce interpretata dall’uvetta.

La ricetta della pasta con le sarde alla palermitana è quella tradizionale che prevede, per l’appunto, l’utilizzo delle sarde che all’occorrenza possono essere sostituite dalle alici, dal sapore più tenue. In entrambi i casi porteremo in tavola un primo piatto davvero unico, capace di farci sentire il sapore di una terra antica!

Essendo la Cucina di Tricchi Trocchi un blog di racconti e di ricette, prima di vedere come si prepara la pasta con le sarde alla palermitana vorrei raccontarti una storia – in questo caso clicca sul tasto “continua a leggere” per saperne di più – se invece vuoi passare direttamente alla loro preparazione, scorri più in basso per andare alla lista degli ingredienti.

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Il sapore della Sicilia racchiuso in un piatto? Beh, probabilmente è difficile condensarlo in una sola portata, ma la pasta con le sarde alla palermitana è indubbiamente uno dei cibi più rappresentativi dell’isola.

Piatto povero e dal sapore deciso, trova il suo giusto equilibrio in un mix di ingredienti che se sapientemente riuniti esaltano il gusto della pietanza.

Sembra essere stata inventata intorno al IX secolo a cavallo tra la dominazione bizantina e quella araba grazie all’inventiva del cuoco di Eufemio da Messina di cui non si conosce il nome. Eufemio, da sempre ostile alla dominazione bizantina nell’isola, si alleò con i ribelli nel tentativo di scacciare gli invasori. Il suo obiettivo si concluse miseramente quando venne catturato e cacciato con l’accusa di essersi innamorato di una suora e di avere tentato di convincerla ad abbandonare i voti. Questo pretesto, a cui tutti credettero, costrinse Eufemio a fuggir trovando asilo in Africa.

Con l’intento di vendicarsi di quel torto si alleò coi saraceni che lo nominarono comandante delle flotte alla conquista della Sicilia. Non appena sbarcarono nell’isola, con l’obiettivo di sfamare i soldati, il suo cuoco ebbe l’idea di utilizzare gli ingredienti presenti in quel luogo. Fu così  che nacque uno dei piatti più apprezzati della regione.

Grazie alla reperibilità delle materie prime e al costo contenuto, in tempi moderni venne dedicato a S. Giuseppe, patrono dei falegnami e dei poverelli. A Palermo, ad esempio, è usanza comune gustarla nel giorno della festa a lui dedicata che ricorre il 19 marzo.

Inoltre, soprattutto in passato, in molti quartieri della città si era soliti festeggiare la ricorrenza accendendo un falò nel pomeriggio del 18, realizzato con vecchi mobili e oggetti in legno. Questa è la cosiddetta “Vampa di S. Giuseppe” il cui nome indica una grande fiamma che affonda le proprie radici in un culto pagano in cui il fuoco viene acceso sui residui del raccolto dell’anno precedente con lo scopo di purificare i campi per dare il benvenuto alla primavera e al nuovo raccolto. Non a caso il giorno di San Giuseppe cade due giorni prima dell’arrivo della primavera.

Inoltre, accanto a questa tradizione, nel giorno del Santo in tutte le chiese si era soliti benedire il pane a lui dedicato le cui forme erano rappresentate da colombe (simbolo di pace) oppure da palme (simbolo di redenzione). Altre volte venivano realizzati dei piccoli panini rotondi impastati con semi di finocchio.

In questo percorso tra il sacro e il profano dobbiamo ricordare che la pasta con le sarde è stata una delle ricette che ha fatto da cornice a un racconto di Camilleri dal titolo il cane di terracotta. In questo romanzo il Commissario Montalbano gusta in un doveroso silenzi un buonissimo piatto di pasta con le sarde preparatogli dalla governante Adelina.

E come in tutte le famiglie siciliane, la pasta con le sarde era consuetudine prepararla anche a casa mia, non solo nel giorno di S. Giuseppe. Devo però confessare che da bambino non amavo particolarmente questo piatto. Più in generale non mi piaceva il sapere deciso delle sarde e neppure quello del finocchietto il cui odore pungente mi entrava nel cervello. Ricordo che il nostro pescivendolo di fiducia, che aveva il negozio sotto casa, almeno una volta a settimana chiamava mia madre per illustrarle i nuovi arrivi della giornata. Così tutte le volte che il Sig. Giuseppe telefonava, esordiva con la solita frase:

Bongiorno Signora Ina, sugnu Giuseppe ra pescheria, arrivò u pisci friscu, chi fa, vuoli ca ciù miettu i latu? Che tradotto potrebbe suonare così: Buongiorno Signora Ina, sono Giuseppe della pescheria, è arrivato il pesce fresco, vuole che glielo metta da parte? Considerando che quando squillava il telefono  ero casualmente nelle vicinanze, alzavo gli occhi al cielo nella speranza che mia madre dirottasse le sue attenzioni verso altri tipi di pesce.

Ma il più delle volte non avevo scampo e con fare schietto e diretto mi diceva: “chiddu chi c’è si mancia” ovvero si mangia quello che c’è. E con mia grande rassegnazione, non mi rimaneva che arrendermi. A dire il vero le sue, più che imposizioni  erano radicate convinzioni secondo le quali occorreva mangiare tanto pesce poichè ricco di fosforo. Ed a quel punto iniziavano i racconti di quando era ragazza e con suo padre e i suoi fratelli facevano grandi scorpacciate di nunnata (i bianchetti), cicireddu fritto (piccole pesci di forma llungata) oppure di maccarruneddu (piccoli pesciolini azzurri anch’essi fritti) di cui ingoiavano anche la testa e la lisca. Io al solo sentirla non sapevo se tapparmi le orecchie o alzarmi da tavola.

Ma il tempo passa, si cresce, e quei piatti che vivevo come degli incubi, nel corso degli anni si sono trasformati in dolci ricordi. E così oggi quando preparo a casa la pasta con le sarde, ripenso a tutti quei momenti e in un doveroso silenzio come a voler imitare il Commissario Montalbano, mi gusto quel piatto lasciando parlare solamente i miei sensi.

Difficoltà

Facile

Dosi Per

4 Persone

Preparazione

45 minuti

Cottura

6 Minuti

Lista ingredienti pasta con le sarde alla palermitana

360 gr. di maccheroncini (o bucatini)

700 gr. di sarde freschissime

160 gr. finocchietto selvatico (netto)

4 acciughe salate (oppure sott’olio)

40 gr. di uvetta passolina

30 gr. di pinoli

Doppio concentrato di pomodoro

1 bustina di zafferano

Una grande cipolla

Pan grattato q.b.

Olio extavergine di oliva

250 gr. di acqua tiepida

Sale q.b.

Pepe q.b.

Procedimento

1

Per prima cosa puliamo il finocchietto eliminando gli scarti. Laviamolo sotto l’acqua corrente e mettiamone da parte qualche ciuffetto che ci servirà per la decorazione finale. Cuociamolo in acqua bollente salata per 15/20 minuti dentro una grande pentola e comunque fino a quando non risulterà cotto. Scoliamolo con l’aiuto di una schiumarola e facciamolo raffreddare. Non buttiamo l’acqua di cottura poiché ci servirà per cuocere la pasta. Una volta freddo tagliamolo finemente.

2

Prendiamo le sarde e con l’aiuto di una forbice priviamole della testa, della coda, poi inseriamo la lama lungo la pancia e tagliamole aprendole a libro. Stacchiamo la lisca centralela, la piccola scquama sul dorso e laviamole delicatamente sotto l’acqua corrente. Mettiamone qualcuna da parte per la decorazione finale.

3

Puliamo la cipolla, tagliamola a cubetti, versiamola in un tegame, aggiungiamo i filetti d’acciuga, dell’olio extravergine d’oliva e facciamo un soffritto. I filetti d’acciuga si dovranno disfare del tutto. Dopo qualche minuto inseriamo l’uvetta passolina fatta rinvenire in un po’ d’acqua tiepida (in assenza va bene anche della comune uva sultanina) e i pinoli. Aggiungiamo il finocchietto, un cucchiaio di doppio concentrato di pomodoro e dopo averli amalgamati per bene inseriamo le sarde che dovremo mescolare delicatamente in modo che si cuociano senza rompersi del tutto. Non appena avranno cambiato di colore aggiungiamo lo zafferano sciolto in 250 gr. di acqua tiepida, il sale, il pepe e lasciamo restringere per qualche minuto il  sughetto. Dovrà comunque rimanere morbido.

4

In una padellina versiamo un po’ d’olio, facciamolo riscaldare a fuoco basso e non appena caldo versiamo le sarde precedentemente messe da parte soffriggendole leggermente. In alternativa potremo passarle in un po’ di olio da entrambe le parti e successivamente cuocerle in forno su della carta antiaderente. Non appena cotte mettiamole da parte in attesa della decorazione finale.

5

Versiamo del pangrattato in una padella, aggiungiamo un giro d’olio, sale e mescolando di continuo facciamolo dorare a fuoco basso. Avremo così ottenuto la classica “muddica atturrata” che andrà usata come se fosse del formaggio da distribuire sulla pasta.

6

Adesso è venuto il tempo di cuocere la pasta. Poniamo sul fuoco la pentola contenente l’acqua del finocchietto, aggiungiamone dell’altra se necessario e facciamola bollire. A questo punto cuociamo i bucatini che dovranno rimanere al dente, conservando un po’ di acqua di cottura. Una volta pronti trasferiamoli in un capiente tegame, versiamo una parte (circa metà) delle sarde e un po’ di liquido di cottura. Mantechiamo per bene aggiungendo l’acqua di cottura precedente messa da parte. Mantechiamo la nostra pasta che nel frattempo concluderà la sua cottura.

7

Impiattiamo, aggiungiamo il resto del condimento, spolveriamo abbondante pan grattato tostato, disponiamo sulla cima delle sardine precedentemente cotte e messe da parte e concludiamo con un ciuffetto di finocchietto selvatico.

Utile da sapere!

La ricetta tradizionale prevede l’utilizzo dell’estratto di pomodoro che, essendo di difficile reperibilità per chi non vive in Sicilia, potrà essere sostituito con il doppio concentrato di pomodoro. La pasta da preferire per questo tipo di preparazione è quella trafilata al bronzo che permette un maggior rilascio di amidi ed una cremosità ottimale.


Commenti (8)
  1. Anni fa non si trovava a Milano il finocchietto selvatico, mia nonna usava l’erbetta verde che si trova nel cuore del finocchio. Non è la stessa cosa ma si avvicina.

  2. Al nord il finocchietto si trova al supermercato, ma in vaschette il cui contenuto è davvero esiguo circa 20 gr quindi per arrivare alla dose consigliata nella ricetta bisogna svaligiare il supermercato, mettendone meno il risultato sarebbe buono oppure verrebbe a mancare un ingrediente basilare?

    1. Ciao Daniela, la pasta con le sarde nasce con il finocchietto, ovvero non c’è l’una senza l’altro. Detto questo, metterne un poco oppure non metterlo affatto dipendere da un gusto personale oppure da esigenze soggettive. Il mio consiglio è comunque quello di aggiungerne almeno un pochino. Il sapore sarà meno intenso ma sarà comunque buona ugualmente 😊 La cosa importante è che le sarde siano freschissime.

  3. La conosco bene.
    Spiegata benissimo in tutte le sue parti!Sembra complicata ma, invece, è di egregia esecuzione per chi ama cucinare cose buone, anzi buonissime!
    Complimenti a Voi!

    1. Grazie davvero per il commento. Noi cerchiamo di attenerci alla tradizione per continuare a diffondere la cultura del cibo a chi vuole provare le nostre ricette 😊

    1. Ciao Peppe, la ricetta tradizionale prevede l’uso del finocchietto selvatico e qualunque altro ingredienti non sarebbe in grado di replicarne il sapore. Se il motivo è perché non lo gradisci, ti consiglio di ometterlo. Questa ricetta infatti è già gustosa di suo. Se invece il motivo è relativo alla sua reperibilità, puoi trovarlo anche al nord nei grandi supermercati confezionato in dei pacchetti che solitamente vengono disposti vicino agli altri aromi. Grazie per il tuo messaggio.

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