La ricetta
La pignoccata palermitana è un dolce tipico del periodo di carnevale e natalizio, molto simile agli struffoli napoletani, fatta di piccole palline di pasta fritta, una glassatura al miele e una forma che ricorda quella di una pigna da cui ne prende il nome. Le notizie storiche su questo tipo di dolce sembrano risalire alla dominazione Araba e la sua preparazione, semplice e molto povera nel reperimento dei suoi ingredienti, si diffuse velocemente tra il popolo fino ad arrivare ai nostri giorni..
La pignoccata palermitana è un dolce tipico del periodo di carnevale ed anche natalizio, molto simile agli struffoli napoletani, fatta di piccole palline di pasta fritta, una glassatura al miele e una forma che ricorda quella di una pigna da cui ne prende il nome. Le notizie storiche su questo tipo di dolce sembrano risalire alla dominazione Araba e la sua preparazione, semplice e molto povera, si è diffusa velocemente tra il popolo fino ai nostri giorni.
Nonostante in età adulta non mi sia capitato spesso di mangiare questo dolce della tradizione popolare, il ricordo scolpito nella memoria è legato al periodo della mia infanzia. Sono convinto che, così come succede anche per i profumi, il nostro cervello immagazzini le immagini della nostra esistenza per poi catalogarle sulla base delle emozioni da esse suscitate. Ecco il motivo per cui tra quelle più tenere che ancora oggi riemergono dal passato, ci sono le vigilie di Natale trascorse a casa degli zii in cui la pignoccata preparata da zia Zina era parte integrante di un contesto gioioso in cui la convivialità e la condivisione erano dei buoni compagni di vita. La grande tavolata apparecchiata a festa faceva da cornice a quelle serate ricche di armonia e di serenità in cui noi commensali, seduti in maniera composta ma al contempo molto caciarona, parlavamo, ridevamo, giocavamo a tombola mentre sgranocchiavamo questo dolcetto tanto semplice quanto buono. Le mani di noi bambini, rese appiccicose dal miele, finivano per imbrattare di tutto, dagli oggetti che ci capitavano sotto mano ai vestiti. Così mia mamma, donna d’altri tempi, attenta all’ordine ed alla pulizia, tornati a casa metteva in ammollo noi ed anche i nostri abiti evocando in me una vecchia pubblicità anni 80 in cui il testimonial di turno, completamente vestito, seduto all’interno di una vasca trasparente coperta con dell’acqua, versava dentro un detersivo in polvere per ritornare lindo e pulito.
La cosa che più ci divertiva in occasione di quelle serate erano proprio le grandi chiacchierate, quelle stesse chiacchierate che al giorno d’oggi si preferisce affidare ai social e all’utilizzo di semplici e sintetici messaggi… Ma poi dico, di cosa avevamo da parlare? Avete mai assistito ad un pranzo o ad una cena fatta al sud? Beh, diciamo che, oltre ad esserci tante portate da fare quasi invidia a quelle di un matrimonio, il silenzio non è il nostro punto forte. Parlare ad alta voce è la regola, anche perché, più si urla e più si sovrasta la voce degli altri nell’intento di farsi ascoltare. L’interlocutore non farà in tempo a terminare la frase che l’altro avrà già pronta la risposta credendo di avere inteso il suo pensiero… E sì, perché abbiamo il dono della preveggenza 😂Mezzanotte era poi il momento dello scambio dei regali ed anche della sorpresa per noi bambini che, per quanto ci sforzassimo di immaginare il contenuto di quei pacchetti, non avevamo la benché minima idea di cosa potessero contenere. Del resto l’usanza di scrivere la letterina a Babbo Natale sarebbe arrivata parecchi anni più tardi e dunque non ci rimaneva altro che scartare le tante scatole colorate nella speranza che contenessero quei giochi tanto desiderati. Le feste trascorse con gli zii e i cugini erano il momento in cui, dopo le vacanze estive trascorse insieme, si ritrovava quell’armonia e quella consapevolezza che ci sarebbero state ancora tante altre estati e tanti natali da condividere insieme.
Così, con la voglia di rivivere quei bellissimi ricordi, qualche settimana fa ho chiesto a mia cugina Irene di domandare a sua sua mamma Zina la ricetta della pignoccata, sì proprio quella che noi mangiavamo da bambini. E così eccola qua, in tutta la sua semplicità e bontà nella speranza che possa scaldare anche i vostri cuori come da anni succede per me.
Difficoltà
Media
Dosi Per
10
Preparazione
1 0ra e 30
Cottura
2 minuti
Lista ingredienti
500 gr. di semola di grano duro
5 uova circa
Olio di semi di girasole per friggere
350 gr. di mandorle non pelate
5 cucchiai colmi di miele di acacia
5 cucchiai di zucchero
Zuccherini colorati per la decorazione
Utensili richiesti
Vassoi in plastica a stella o pirottini
Procedimento
1
Impastiamo la farina con le uova fino a quando non si otterrà un composto sodo (per comodità si potrà utilizzare una planetaria), aggiungendo eventualmente ancora un po’ di uovo oppure qualche goccia di latte se l’impasto dovesse risultare eccessivamente duro (dipenderà dal tipo di farina utilizzata). Formare dei bastoncini dello spessore di un mignolo e tagliarli in tocchetti lunghi tra 2 cm. circa che riporremo su un vassoio distanziandoli per non farli attaccare. Friggerli in abbondante olio di semi di girasole ben caldo per evitare che si spacchino.
2
Accendiamo il forno statico a 180° e, una volta raggiunta la temperatura, adagiamo le mandorle sulla carta forno. Facciamole cuocere dai 10 ai 15 minuti e comunque fino a quando non avranno ottenuto la tostatura desiderata girandole di tanto in tanto.
3
In una padella versiamo il miele, lo zucchero e facciamoli riscaldare a fuoco moderato fino a quando non si scioglieranno. Non appena il composto comincerà a fare le bollicine versare le palline fritte, le mandorle e mescolare bene. Aspettare qualche minuto e poi disporre il tutto dentro dei vassoietti ammucchiandoli come se fossero delle pigne. Versare gli zuccherini colorati e servire.
Utile da sapere!
La pignoccata si conserva per qualche giorno al chiuso. Se aggiungeremo del latte all’impasto otterremo un composto un po’ più morbido.
Fantastico tutto, ricetta e foto!
Davvero troppo buono, grazie!!!
Grazie mille, super gentile 🙂
Questi tuoi racconti, così ben esposti, fanno rifiorire bei ricordi. Si possono quasi percepire profumi e sapori lontani. Che dire poi dell’esposizione delle ricette? Proprio nulla. Bravo
Che gentile, grazie mille, ne sono veramente felice!
ha fatto riaffiorare tanto ricordo, mia nonna ha vissuto a Palermo alcuni anni dopo la guerra mi spiego dove abbia preso questa ricetta che proponeva sempre a natale, ma senza mandorle , inoltre usava lo strutto per friggere, ma il ricordo Delle Mani impastricciate di Miele e’ indelebile !
Ciao Annalisa, è bello quello che dici… anche questa è la magia del cibo!